Lisa Tuttle – Il profumo dell’incubo

Titolo: Il profumo dell’incubo

Autore: Lisa Tuttle

Editore: Edizioni Hypnos

Anno: 2020

Pagine: 336

Prezzo: 17,90 €

“Aveva quell’atmosfera insensata e sinistra, tipica dell’incubo.”

Il nome di Lisa Tuttle probabilmente risulterà sconosciuto alla maggior parte dei lettori, anche a chi, come il sottoscritto, si dichiara grande appassionato di letteratura fantastica e weird. Lo devo ammettere: prima che Edizioni Hypnos portasse in Italia la raccolta di racconti “Il profumo dell’incubo”, ignoravo l’esistenza della talentuosissima autrice statunitense, complici anche le scarse traduzioni delle sue opere presenti nel nostro Paese. Ed è un vero peccato perché, lo dico fin da subito, le tredici storie che compongono “Il profumo dell’incubo” sono assolutamente straordinarie.

I racconti sono stati selezionati direttamente dall’autrice, andando a comporre una sorta di best of della sua produzione di narrativa breve, abbracciando un arco temporale che parte dagli inizi degli anni ‘80 per arrivare alla contemporaneità. Le storie della Tuttle iniziano tutte con solide basi nella realtà quotidiana, fatta di ambizioni, tradimenti, passioni e risentimenti, per poi lasciarsi traghettare in un viaggio senza ritorno all’interno dei nostri incubi più insondabili, dentro un’oscurità da cui non sarà più possibile evadere. L’horror e il fantastico non sono il fine ma il mezzo per poter affrontare tematiche scomode e complesse, con un coraggio e uno sguardo inedito che trasforma i racconti proposti in veri e propri piccoli capolavori. Le protagoniste della Tuttle si rivelano essere quasi sempre donne, a volte forti e determinate, altre fragili e succubi ma sempre dotate di una profondità psicologica che non le riduce mai a semplici macchiette, donandole invece uno spessore e un vigore che non sempre si riscontrano nella narrativa breve. I testi della scrittrice americana scavano senza timore nell’abisso dell’universo femminile, portando a galla temi universali come la maternità e la violenza sulla donne, sia essa fisica o psicologica. Esempio perfetto è “La casa degli insetti”, il racconto che apre l’antologia, in cui le venature horror scelte dalla Tuttle narrano una storia di abusi che si protrae da generazioni, incarnata da uno sconosciuto che ha reso schiava la zia della protagonista. Oppure l’originalissimo “La mia malattia”, dove l’uomo di cui è innamorata la narratrice si spingerà ben oltre il consentito per raggiungere la mitica Pietra Filosofale. “A cavallo dell’incubo”, in cui realtà e sogno si mischiano senza soluzione di continuità, dona uno sguardo apertamente critico sulla maternità, controbilanciato dal dolce e disperato “L’ora in più”, dove la scoperta di una stanza in cui il tempo scorre con una concezione differente rispetto al mondo reale porterà a conseguenze inimmaginabili. La Tuttle però non si ferma qui e con “L’uomo di cibo” si cimenta con l’anoressia per poi proseguire con l’agghiacciante “Sogni nell’armadio”, tra i racconti migliori della raccolta, ad affrontare il tema della pedofilia, confezionando una piccola bomba ad orologeria narrativa, pronta a deflagrare nello scioccante finale. Non mancano però gli omaggi agli autori che hanno influenzato la scrittura dell’autrice nativa del Texas e che hanno reso immortale il genere weird, come il maestro Robert Aickman, a cui è dedicato “Il libro che ti trova”, storia d’amore e di fantasmi, in cui la passione per i libri gioca un ruolo fondamentale. Altro gigante è Walter de la Mare, esplicitamente citato ne “L’ultima sfida”, delicata ed inquietante ghost story che profuma dell’Inghilterra di fine ‘800. Come non citare infine “La ferita”, racconto distopico sul machismo e l’identità di genere, dove gli uomini subiscono una curiosa metamorfosi.

Il profumo dell’incubo” è un’antologia di assoluto valore, scritta con uno stile fluido e senza troppi fronzoli che non risulta però mai piatto o banale. Non lasciatevi influenzare dal genere di riferimento perché le storie della Tuttle piaceranno anche a chi non mastica horror o weird. L’estrema originalità e i temi sviscerati sono i veri piatti forti di questi tredici racconti, tutti collegati da un sottile ma persistente fil rouge. Vi assicuro che a lettura ultimata, anche a distanza di giorni, gli incubi di Lisa Tuttle torneranno furtivi a bussare alla vostra mente, continuando a regalarvi splendidi attimi di piacevole turbamento.

Voto: 5/5

Mr. P.

Autori vari – Racconti italiani gotici e fantastici

Titolo: Racconti italiani gotici e fantastici

Autore: AA. VV.

Editore: Black Dog Edizioni

Anno: 2019

Pagine: 340

Prezzo: € 17,00

“«Non pare a lei più naturale il credere che i pensieri e i sentimenti non sieno altra cosa che le infinite e rapidissime combinazioni di atomi infinitamente piccoli, i quali si muovono, s’aggruppano, si sciolgono, si ricompongono, si riposano, si ridestano nelle cellette del cervello? E così vengono facilmente spiegati il sonno, i sogni, la memoria, il rammentarsi improvviso, le bizzarrie della immaginazione, lo svolgersi ordinato del criterio e via, via.»
«E la morte? »
«È la putrefazione della materia del pensiero: la putrefazione dell’anima.»”

Prima uscita per la neo casa editrice “Black Dog Edizioni”, di cui vi avevo già parlato tempo fa in questa intervista. L’editore ligure, con la precisa dichiarazione d’intenti di dedicarsi completamente alla letteratura fantastica, non poteva non iniziare la propria avventura con una raccolta di racconti che recupera il meglio del gotico e del fantastico italiano. Curata dalla nostra vecchia conoscenza Dario Pontuale, “Racconti italiani gotici e fantastici” è la prima di una serie di tre antologie che intendono pescare a piene mani nell’Ottocento e nel primo Novecento italiano, facendoci scoprire il lato più oscuro e meno conosciuto di alcuni tra i più amati autori classici del nostro Paese. Così, in questo primo volume, accanto a nomi meno noti ma non per questo meno degni di riscoperta, come Emilio De Marchi, Federigo Verdinois o Remigio Zena, troviamo autentici mostri sacri della letteratura italiana come Italo Svevo, i fratelli Boito o Igino Ugo Tarchetti.

Con il sottotitolo “Esperimenti“, la prima raccolta della trilogia raccoglie testi fantastici caratterizzati da un profondo legame con la scienza, che nella maggior parte dei casi si tramuta in fantascienza. I tredici racconti qui racchiusi si propongono di indagare, mediante appunto la connotazione fantastica e gotica di cui sono intrise trame e ambientazioni, il rapporto distorto e malato che l’uomo da sempre ha verso le scoperte scientifiche. Un legame deformato che porta alla violazione delle leggi della natura e a una disumanizzazione dai contorni catastrofici. Non meno importante poi, l’eterna dicotomia tra fede e scienza, in una lotta che trova proprio in questi racconti alcuni tra gli episodi più agghiaccianti.
Accanto a singolari malattie, come quella che assilla il disgraziato protagonista di “Macchia grigia” di Camillo Boito, originalissima storia di rimorso e vendetta, troviamo cure scientifiche a malattie dell’animo, come ci illustra Luigi Capuana ne “Il dottor Cymbalus“, in cui le teorie scientifiche vengono appunto applicate come terapia dell’anima, con esiti pericolosi e degradanti. Dello stesso Capuana, particolarmente interessante è la versione che l’autore siciliano dà di uno dei più famosi mostri di tutti i tempi. Parliamo del vampiro, qui declinato in una dimensione quasi metafisica, con una rilettura dai tratti insoliti e ammalianti. Non mancano però anche le classiche ghost stories, rappresentate degnamente da “Un osso di morto” di Igino Ugo Tarchetti e da “Le due mogli” di Federigo Verdinois: quasi ironica la prima, con un tocco di leggerezza che stempera la tensione, soffocante e commovente la seconda.
Menzione a parte meritano poi due piccoli capolavori, che mi hanno affascinato e avvolto nel loro manto oscuro. “La lettera U (Manoscritto d’un pazzo)” di Igino Ugo Tarchetti è una vera e propria discesa nella follia della mente umana, in cui l’ossessione per la lettera U condiziona l’intera esistenza del protagonista. Un’idea di base assolutamente originale, sviluppata in forma di confessione, che non può non tenere incollati fino all’ultima riga. Differente ma ugualmente ammaliante e carico di un particolare senso di mistero è “Confessione postuma” di Remigio Zena. Qui ci addentriamo nei territori della fede, in un racconto claustrofobico ed enigmatico. Magistrale la costruzione dell’ambientazione gotica: sembra infatti quasi di seguire davvero il protagonista tra vicoli oscuri e stradine tortuose. Da leggere assolutamente di notte, con la sola luce della lampada a illuminare le pagine.

Il primo volume dei “Racconti italiani gotici e fantastici” è uno scrigno di piacevolissime sorprese, che ci insegna a guardare sotto una nuova luce alcuni tra i maggiori autori italiani a cavallo tra Ottocento e Novecento e a scoprirne altri immeritatamente dimenticati.
Da ricordare infine le stupende illustrazioni di Alex Raso, che impreziosiscono ulteriormente il libro. Non ci resta quindi che attendere con trepidazione i prossimi due tomi, dai suggestivi sottotitoli “Ombre” e “Oltremondi“!

Voto: 4/5

Mr. P.

Orazio Labbate – Atlante del mistero

Titolo: Atlante del mistero

Autore: Orazio Labbate

Editore: Centauria

Anno: 2018

Pagine: 160

Prezzo: € 19,00

“Il viaggio è periglioso, ma vale la pena imbarcarsi e solcare le acque di questo oceano stigio, perché dal mondo dei mostri si può imparare molto sul nostro, di mondo.”

Ho conosciuto Orazio Labbate con la raccolta di racconti “Stelle ossee”, per poi proseguire con la “Piccola enciclopedia dei mostri e delle creature fantastiche” e approdando ora, prima di immergermi finalmente nelle pagine torbide dei suoi romanzi, all'”Atlante del mistero”. Labbate ha avuto un’ottima intuizione, racchiudendo in questo prezioso volume quaranta dimore legate al soprannaturale, all’orrifico, al perturbante, ognuna illustrata egregiamente da Simone Pace. Ma non potrebbe sembrare pretenzioso denominarlo atlante? Assolutamente no, in quanto ogni residenza è identificata nel luogo esatto in cui sorge, tramite l’aiuto di precise coordinate geografiche.

L’universo spaventoso di Labbate pesca a piene mani nell’immaginario collettivo, nella letteratura e nel cinema, alternando dimore maledette che potremmo definire blasonate ad altre meno conosciute, ma non per questo meno terrificanti. Un viaggio senza tempo, in un vortice di follia che ci catapulta tra castelli diroccati, umidi scantinati, realtà parallele e stanze misteriose. Così ci ritroviamo immersi nelle atmosfere dalle tinte gotiche dei grandi classici dell’orrore, come “Dracula”, “Frankenstein” e “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”, per poi riemergere straniati nell’ambiguo universo di David Lynch, qui rappresentato dal non luogo per eccellenza, la Loggia Nera di “Twin Peaks”, e dall’inquietante vecchio termosifone del suo primo film “Eraserhead”. Labbate passa con grande disinvoltura dal classico al contemporaneo, dal cult all’opera dimenticata, dimostrando un’enorme passione per tutto quanto sia legato al fantastico, al terrore, al surreale.
Proseguendo nel nostro viaggio chimerico rimaniamo affascinati da luoghi abitati dai mostri alimentati dal folklore popolare e dalle leggende metropolitane, come l’americano Uomo Falena, la siciliana Marabecca, l’universale Babau, fino ad attraversare le porte dell’Ade, piombando dritti alla più famosa dimora orrifica di sempre: l’Inferno. Ma durante il nostro cammino non possiamo lasciarci alle spalle così facilmente cult cinematografici come “Donnie Darko” e la sua minacciosa cantina, l’oscura Silent Hill e il rivoltante mattatoio di Faccia di Cuoio. Non manca proprio nulla nell’atlante immaginario di Labbate, che pesca a piene mani anche in riferimenti che di primo acchito non presentano connessioni con l’orrorifico, ma che in realtà ne nascondono più di una. Basti pensare alla stanza di Gregor Samsa ne “La metamorfosi” di Franz Kafka o alla camera degli insetti di Billy, proveniente direttamente dal visionario “Pasto nudo” di William S. Burroughs. Insomma, nell’atlante dell’autore siciliano nulla è lasciato al caso e ogni riferimento è frutto di un’approfondita conoscenza di tutto ciò che possa essere riconducibile alla paura e all’inquietudine.

L’atlante del mistero” è un volume da custodire gelosamente nella propria libreria, da leggere e sfogliare ogni volta che la nostra mente e il nostro cuore sentono il bisogno di evadere dal quotidiano, per rifugiarsi in mondi soltanto all’apparenza così distanti dal nostro, ma forse in realtà più vicini di quanto sembrino. Un libro necessario per chi, come il sottoscritto, è rimasto intrappolato in un amore viscerale per il perturbante, senza più volerne uscire, ma anche per chi voglia iniziare a muovere i primi passi nei sentieri che conducono all’orrore e che troverà nell’atlante ottimi spunti. Perché a volte avere paura può essere semplicemente delizioso.

Voto: 5/5

Mr. P.

Thomas Ligotti – Lo scriba macabro

Titolo: Lo scriba macabro

Autore: Thomas Ligotti

Editore: Elara

Anno: 2015

Pagine: 224

Prezzo: € 16,50

“Da giovane studente in filosofia usavo dire a me stesso: apprenderò la follia delle cose. Era qualcosa che sentivo il bisogno di sapere… qualcosa col quale sentivo il bisogno di confrontarmi. Se fossi riuscito ad affrontare la follia delle cose, pensai, allora non avrei avuto nient’altro da temere. Avrei potuto vivere nell’universo senza la sensazione di cadere a pezzi, senza la sensazione di essere sul punto di esplodere della follia delle cose che per la mia mente  era il vero fondamento dell’esistenza. Volevo strappare via il velo che copre le cose e guardarle per come sono, non rendermi cieco ad esse.” 

L’enigma Thomas Ligotti: autore di culto, fin dagli anni ’80, nel circuito weird e fantastico statunitense, lo scrittore americano di origini italiane non riesce però mai a emergere a livello mondiale, restando una figura imprescindibile soltanto per una ristretta cerchia di appassionati della weird fiction. Affetto da depressione e allergico a qualsiasi apparizione pubblica (non ha mai presenziato alle innumerevoli vittorie al Bram Stoker Award), la figura di Ligotti rimane quasi un mistero fino a quando, nel 2012, Nic Pizzolatto e la serie tv “True Detective” lo fanno conoscere al mondo. Il nichilismo e la cupa visione esistenziale del protagonista Rust Cohle, pescano infatti a piene mani nella poetica ligottiana, divisa tra saggi e racconti. Le opere dell’autore americano arrivano così anche in Italia, grazie a Il Saggiatore e a Elara, anche se c’è da dire quest’ultima aveva visto lungo, pubblicando la raccolta “I canti di un sognatore morto” (2007) in tempi non sospetti.

Lo scriba macabro” è la seconda antologia personale di Ligotti, risalente al 1991 e portata in Italia da Elara nel 2015.
Immergersi nella narrazione di Ligotti significa perdersi in un universo oscuro, dove lo spazio e il tempo sembrano assumere forme diverse, in cui l’ombra regna incontrastata e la luce, per quanto si sforzi, non riesce a penetrare. I personaggi dei racconti di Ligotti vanno incontro alla loro dannazione quasi inconsapevoli, in un crescendo di orrore che non dà tregua. Non esistono possibilità di redenzione o spiragli di salvezza: il destino dell’uomo non può fare a meno della sofferenza e della solitudine, sentimento e condizione portanti dell’esistenza umana. Il terrore che Ligotti sa instillare con le sue storie è onirico e strisciante. Un’angoscia che si annida sotto pelle, per poi fuoriuscire adagio fino a saturare ogni più piccolo poro degli sventurati protagonisti e di chi gli sta intorno.
Ligotti pesca a piene mani sia nell’orrore cosmico di Lovecraft, fatto di universi paralleli, creature senza nome e visioni inimmaginabili, sia nell’orrore psicologico di Poe, in cui il quotidiano viene destabilizzato e non si riesce più a distinguere tra realtà e finzione. Ma i lusinghieri paragoni non devono fuorviare: l’opera dell’autore statunitense possiede una considerevole originalità propria, costruita attraverso trame e intrecci mai banali e sempre sorprendenti. Addentrandoci nel cosmo allucinato di Ligotti possiamo trovare un’istitutrice la cui anima viene divorata da suoni e visioni perturbanti (“Miss Plarr”), creature senza nome oggetto di esperimenti grotteschi (“I bozzoli”) e onirici pedinamenti notturni (“Sognare a Nortown”). Non mancano però anche un cinema dai contorni surreali, nera sorgente degli incubi (“Fascino”) e un manoscritto foriero di morte (“Nethescurial”).
Menzione a parte meritano le decadenti ambientazioni elaborate da Ligotti che, da semplice sfondo, spesso diventano vere e proprie protagoniste delle storie narrate. Luoghi pregni di corruzione, che paiono avulsi dal mondo per come lo conosciamo, bui anfratti carichi di mistero. Basti pensare ai corridoi ricoperti di una densa e odorosa sostanza scura del racconto “Scuola serale” o alla chimerica casa di “Nell’ombra di un altro mondo” che pare costruita con “materiali illeciti…come se sogno e vapore si fingessero materia solida”.
Un piccolo appunto va all’edizione: molto curata per quanto riguarda copertina e impaginazione, meno dal punto di vista della traduzione, con una quantità di refusi davvero eccessiva.

Ligotti ci fa dono di una preziosa collezione di turbamenti, descritti con uno stile complesso e dalle sfumature auliche, forse non adatto a tutti i palati, ma che saprà regalare grandi soddisfazioni a chi si immergerà totalmente nella sua poetica e nella sua continua ricerca linguistica. Racconti che affascinano e inquietano, che profumano di horror vecchio stampo ma che regalano nello stesso tempo stranezze quanto mai originali. Compagni perfetti per trascorrere queste fredde notti invernali.

Voto: 4/5

Mr. P.

Fritz Leiber – La cosa marrone chiaro e altre storie dell’orrore

Titolo: La cosa marrone chiaro e altre storie dell’orrore

Autore: Fritz Leiber

Editore: Cliquot

Anno: 2017

Pagine: 302

Prezzo: € 18,00

“Quanti di noi che vivono in una grande città sanno cosa c’è dentro o al di là delle pareti che delimitano il nostro appartamento, persino quelle contro cui dormiamo? Nascoste e inarrivabili come i nostri organi interni. Non possiamo neanche fidarci delle mura che ci proteggono.” 

Fritz Leiber, autore che si è addentrato in ogni meandro della letteratura fantastica, dalla fantascienza al fantasy (è stato infatti tra i precursori dello sword and sorcery), passando per l’horror e il weird, nel nostro Paese, dopo gli anni ’80, non ha più goduto di vita facile. A riportare nelle librerie italiane uno dei maggiori esponenti del fantastico del secolo scorso, ci ha pensato la casa editrice Cliquot, che ci ha già stupiti in passato (e siamo certi continuerà a farlo) con recuperi oculati e preziosi.
La cosa marrone chiaro e altre storie dell’orrore” è una raccolta di racconti mai tradotti in Italia e pubblicati originariamente sulle principali riviste pulp dell’epoca, tra cui la storica “Weird Tales”. Ma il termine “mai tradotti” non equivale, in questo caso, a minori. Anzi, il volume raccoglie una fetta significativa della produzione horror dell’autore, raccolta in ordine cronologico, così da rendere partecipe il lettore dell’evoluzione stilistica e tematica di Leiber.

Il racconto che apre le danze, “La villa del ragno”, è un esempio emblematico delle storie del terrore che tanto piacevano alle riviste di genere degli anni quaranta. Un mistero che si dipana pagina dopo pagina, in un vortice che mescola folli esperimenti scientifici, un enigmatico anfitrione, una creatura mostruosa e una donna da salvare. Insomma, tutti ottimi ingredienti per creare una tipica storia dell’orrore. Con “Il signor Bauer e gli atomi”, influenzato dallo scoppio atomico di Hiroshima, ci addentriamo nei territori della fantascienza. Una manciata di pagine in cui la psicosi del protagonista e gli atomi del suo corpo costituiscono gli elementi caratterizzanti. In “Qualcuno urlò: strega!” torniamo a un classico della letteratura horror: un essere femminile ammaliante e fatale, dai poteri soprannaturali. Un racconto forse fin troppo tradizionale e a mio avviso l’episodio più debole dell’intera raccolta. “Il demone del cofanetto” ci offre invece il primo assaggio di quell’esplorazione del subconscio che Leiber svilupperà più compiutamente nei racconti a venire. L’idea alla base della storia è a dir poco geniale: un’attrice che svanisce poco a poco non appena la sua vita e le sue vicende personali smettono di essere sulla bocca di tutti. La celebrità come vera e propria forma di sostentamento. Un’aspra critica alla società mediatica, che si basa sull’apparenza e sul successo. Un autentico gioiellino. Si prosegue con “Richmond, fine settembre, 1849″, in cui Leiber scomoda un mostro sacro della letteratura, immedesimandosi nei suoi pensieri e nelle sue azioni, a seguito di un incontro casuale con un’affascinante quanto misteriosa signora. Un incontro che forse non si rivelerà così accidentale. Arriviamo poi al vero capolavoro della raccolta: “La cosa marrone chiaro”, che dà anche il titolo al volume. Prima e più corta stesura di “Nostra signora delle tenebre”, forse il romanzo più rappresentativo dell’intera produzione dello scrittore americano, “La cosa marrone chiaro” esprime la personalissima visione del mondo di Leiber. Il senso di confusione e di vero e proprio terrore di fronte all’immensità delle metropoli moderne, in cui in ogni anfratto possono nascondersi inquietanti pericoli. Una sensazione acuta di smarrimento che attanaglia il protagonista, perso in una San Francisco che prende vita, il cui punto nevralgico è la collina di Corona Heights. Un racconto incredibile che vi terrà incollati alle pagine fino alla fine. La concezione postmoderna dell’autore si riflette anche nel successivo “Fantasie paurose”, dove lo spazio si restringe dalla città a un condominio, in un cui un’enigmatica figura femminile (altro tema ricorrente), turberà la monotonia della vita del protagonista. Il volume si conclude con “Il nero ha il suo fascino”, folle monologo di una moglie verso il proprio marito. Completano il tutto la preziosissima introduzione del curatore e traduttore Federico Cenci e un’appendice in cui lo stesso Leiber racconta del proprio turbolento rapporto con la rivista “Weird Tales”.

La cosa marrone chiaro e altre storie dell’orrore” si rivela una raccolta preziosa che sprigiona un concentrato d’inquietudine sotterranea. Un terrore che striscia sottopelle e che può annidarsi nei muri del proprio appartamento, in un ascensore, in un parco. Una paura dalle mille sfaccettature, che prende il via dal gotico più classico per invadere le megalopoli moderne. Racconti che sussurrano il proprio carico di angoscia, avviluppando il lettore in un vortice, senza più lasciarlo andare.

Voto: 4/5

Mr. P.

John Ajvide Lindqvist – Musica dalla spiaggia del paradiso

Titolo: Musica dalla spiaggia del paradiso

Autore: John Ajvide Lindqvist

Editore: Marsilio

Anno: 2015

Pagine: 426

Prezzo: € 18,50

“È dai difetti che si capisce una persona. Possiamo farci un’idea osservandone le caratteristiche, buone o cattive. Tutto quello che si vede in superficie. Ma se vogliamo davvero capire chi sia, dobbiamo addentrarci nell’oscurità e conoscere i suoi difetti. La rotella mancante definisce l’ingranaggio. Un quadro si giudica dalla pennellata sbagliata, mentre l’accordo dissonante fa a pezzi una canzone. Oppure la rende interessante. È l’altra faccia della medaglia.”

Considerato da molti l’erede europeo di Stephen King, John Ajvide Lindqvist si è sempre contraddistinto per una concezione dell’orrore in chiave moderna, rielaborando in maniera originale e personalissima alcuni stilemi dell’horror più classico. Pensiamo ad esempio al vampiro, reinventato in modo magistrale in quel capolavoro che è “Lasciami entrare”, oppure agli zombie, svecchiati e rinnovati ne “L’estate dei morti viventi” o ancora pescando a piene mani nella ghost story con “Il porto degli spiriti”.
Musica dalla spiaggia del paradiso“, sesta opera dell’autore svedese, lascia invece da parte creature mostruose e terrori ancestrali per addentrarsi con maggior profondità nei meandri della psiche e della coscienza umana, miscelando elementi soprannaturali con allucinazioni e stati di alterazione mentale.

Fin dalla prima pagina ci troviamo catapultati nel centro della narrazione, che prende il via quando un gruppo di turisti, nel bel mezzo delle vacanze trascorse in un campeggio nei pressi di Stoccolma, scoprono che ogni cosa intorno a loro è sparita. O meglio, restano soltanto le loro roulotte, circondate da un’immensa landa, ricoperta da un prato verde tagliato alla perfezione e sovrastata da un cielo di un blu uniforme, senza sole e senza nuvole. Dopo un primo momento di spaesamento, il panico inizia a serpeggiare tra i protagonisti, accorgendosi ben presto di non essere soli. Misteriose figure bianche, prive di lineamenti, si aggirano inquiete intorno al campo, richiamando l’attenzione degli sfortunati campeggiatori. Proprio queste sagome diventano il fulcro dell’universo psicologico costruito da Lindqvist: c’è chi, scrutandoli, vede il padre defunto, chi un commesso viaggiatore, chi invece una tigre nera e chi addirittura l’attore Jimmie Stewart. Il passato, portando con sé il proprio carico di colpe e di inganni, torna a ghermire con i suoi artigli affilati i dieci dispersi, lasciandoli atterriti, confusi e spaventati.
Si alternano così alla narrazione delle vicende presenti, corposi e affascinanti flashback sulle precedenti vite dei protagonisti. Unico collante della follia che imperversa nel campeggio, le note suadenti che fuoriescono dalle casse dalle autoradio: un flusso continuo di canzoni svedesi, con il comune denominatore dell’autore Peter Himmelstrand. Man mano che trascorrono le ore, in un pomeriggio perpetuo senza alba né tramonto, l’alienazione e lo squilibrio mentale si fanno strada nelle menti stremate dei villeggianti, tra tentativi di contatto con il mondo reale e fughe improvvisate alla ricerca di una via d’uscita da quell’orrore fatto di erba e cielo azzurro.
Tra i vari personaggi occorre citare Molly, una sinistra bambina dal carattere ambiguo, figlia del calciatore Peter e della modella Isabelle. Lasciata in tenera età dalla madre dentro una galleria buia per parecchie ore, sembra aver sviluppato un legame angoscioso con le figure bianche e l’universo parallelo in cui sono imprigionati.

Musica dalla spiaggia del paradiso” non è un libro semplice. Si rischia più volte di perdersi nei meandri psicologici creati da Lindqvist, in una sequenza ininterrotta di realtà e finzione. Un’opera che parrebbe lasciare più interrogativi che risposte ma che, se letta con la giusta attenzione, apre lo spiraglio a più di un’interpretazione. Un libro complesso che, senza preamboli, trasporta il lettore in un mondo estraneo, in cui l’autore si diverte a lasciare del non detto, a beneficio della fantasia di chi legge. Un romanzo che trascende i generi e che farà felice chi non si accontenta di una lettura ordinaria, ma cerca un qualcosa di più.

Voto: 4/5

Mr. P.

Christian Sartirana – La gente della marea

Titolo: La gente della marea

Autore: Christian Sartirana

Editore: Nero Press Edizioni

Anno: 2016

Pagine: 28

Prezzo: € 0,99

“Tutto appariva insolitamente levigato, simile a una sorta di strano manufatto marino. Come uno di quei pezzi di vetro smussati e opacizzati dall’acqua del mare. Li abbiamo raccolti tutti, credo, almeno una volta. Quei cocci di vetro hanno il fascino di un gioiello creato da mani aliene, sconosciute. Be’, le forme che avevo intorno avevano proprio il medesimo aspetto assurdo e sconosciuto. Dietro le macchine e le insegne dei negozi, contro i muri dei palazzi, sulle finestre e sopra i tetti, scorgevo tratti in cui le loro naturali simmetrie sembravano confondersi. È difficile da spiegare, ma era come se le loro forme fossero entrate in collisione. Si mescolavano, creando delle geometrie incomprensibili che, per quanto assurde, sembravano comunque avere una loro identità. Erano come il prodotto di un gusto artistico sconosciuto a quello dell’uomo. I nostri sensi non sarebbero mai stati in grado di organizzarli nella giusta sequenza. Tuttavia a guardarle m’ispiravano un orrore immediato.”

Avevo già apprezzato la prosa limpida e carica di tensione di Christian Sartirana, scrittore piemontese che sta lasciando il segno nel panorama letterario italiano di genere, nell’ottimo romanzo breve “Le cose oscure”. A distanza di qualche mese mi sono tuffato (e il verbo non è casuale) nella sua ultima fatica, il racconto “La gente della marea”, edito Nero Press Edizioni nella collana horror “Insonnia”. Cambiano completamente le atmosfere rispetto al precedente lavoro, ma il senso di inquietudine strisciante e di completo spaesamento di fronte a un orrore ignoto e arcano restano immutati.

La base dell’intera narrazione è una vecchia leggenda popolare, quella dell’Antica Gente o Gente della Marea, diffusa tra i cittadini del comune sardo di Bosa. Edoardo, il giovane protagonista del racconto, ne subisce il fascino fin da piccolo, quando a narrargliela è la nonna materna, durate le estati trascorse appunto a Bosa, paese di origine della famiglia di Edoardo. Una favola nera che porta con sé una scia di misteriose morti e sparizioni. Un mito che la madre di Edoardo vuole dimenticare, così come le sue origini e la terra da cui proviene. Cresciuto a Torino, con il tempo il narratore seppellisce nei recessi della memoria le enigmatiche e minacciose figure della Gente della Marea, fino a quando il decesso della madre e l’aver ereditato l’antica dimora di famiglia, scatenano in lui l’improvvisa volontà di riscoprire i territori della sua infanzia. Ciò che però si rivelerà essere diventata Bosa sconvolgerà per sempre la vita di Edoardo, risucchiandolo in un vortice di orrore atavico e delirante follia.

Il merito di Sartirana è quello di tenere alta fino alla fine la tensione nel lettore, in un crescendo inesauribile di malessere e di angoscia. Magistralmente descritta l’atmosfera di desolazione e di abbandono dell’ormai città fantasma Bosa, tra rimandi lovecraftiani e minuziose rappresentazioni delle forme aliene e dalle geometrie incomprensibili che invadono il paese. Sembra quasi di essere lì insieme a Edoardo, avvolti da un mistero oscuro e inesplicabile. Il fascino criptico e perverso del mare, da sempre oggetto di racconti a sfondo orrorifico, viene ben rielaborato da Sartirana, che ci offre una storia godibile e carica di suspense, che sa regalare piacevoli momenti di autentico terrore.

Voto: 4/5

Mr. P.

Stephen Graham Jones – Albero di carne

Titolo: Albero di carne

Autore: Stephen Graham Jones

Editore: Racconti Edizioni

Anno: 2016

Pagine: 360

Prezzo: € 16,00

“Più di qualsiasi altra cosa, suppongo, volevamo essere visti, che ci fosse data un’opportunità. Non stare più all’esterno. Probabilmente, alla fin fine tutto si riduceva a questo. E il primo passo per riuscire a farsi vedere è naturalmente fare rumore, fare quello che gli altri ragazzi non fanno o hanno troppa paura di fare. I giorni, però, continuavano a scivolare l’uno nell’altro. Nessuno notava noi, né quello che facevamo. Perfino quando parlavamo a voce alta nella caffetteria, in corridoio. E ci sarebbe voluto così poco. Un cenno del mento, un socchiudersi degli occhi. Qualcuno che ci chiedesse dove andavamo dopo la scuola.”

I riferimenti a mostri sacri come Stephen King, Clive Barker e Shirley Jackson, la meritata fiducia che ormai ripongo nelle scelte editoriali di Racconti Edizioni e il fatto che Stephen Graham Jones avesse tentato all’età di dodici di diventare un lupo mannaro, hanno fatto sì che “Albero di carne” dovesse diventare una raccolta di racconti da leggere assolutamente. Dopo un inizio folgorante e squisitamente agghiacciante, man mano che mi inoltravo nel mondo popolato dagli incubi e dalle ossessioni di Jones, ho compreso di essere di fronte ad un grande autore, capace di dare nuova linfa alla narrativa di genere, grazie ad una fantasia sconfinata e ad un metodo di costruzione della suspense praticamente perfetto.

I racconti di Jones si snodano nel cuore della provincia americana, tra cittadine ai margini, lande desolate e boschi inospitali. L’orrore che scaturisce dalla penna inquieta dello scrittore statunitense è un terrore sussurrato, ignoto, con cui il lettore deve fare i conti pagina dopo pagina, in un crescendo di inquietudine e angoscia, per poi esplodere in finali spiazzanti e carichi di pathos. Non mancano però anche momenti ascrivibili al thriller in cui la tensione fa da padrona sin dalla prima riga oppure immagini crude e brutali (ma mai fini a se stesse), che stordiscono come un pugno assestato in pieno volto, caratteristiche imprescindibili per la buona riuscita di ogni libro horror che si rispetti. Ed è proprio la grande varietà di temi e di intrecci che rendono la raccolta Jones così godibile e mai banale: non troverete mai un racconto simile ad un altro, ma ogni storia brilla di vita propria, scatenando nel lettore emozioni sempre nuove. Sfogliando le pagine di “Albero di carne” vi capiterà di imbattervi in strane pratiche di trasmigrazione delle anime (“I figli di Billy Clay”), bizzarri venditori di unguenti e creme che nascondono atroci segreti (“La fortuna di Lonegan”), lotte per la sopravvivenza tra licantropi e orche assassine (“Wolf Island”) e ancora diaboliche lolite che per apparire più sexy farebbero qualunque cosa (“Perfetta”) e cani poliziotto che fiutano chi non dovrebbero (“Mostri”). Menzione a parte meritano “Nel nome del coniglio”, in cui l’amore assoluto di un padre per il proprio figlio si incrocia con la visione di un misterioso coniglio e “Raphael”, vero e proprio omaggio a “It” di Stephen King, in cui le paure e i traumi dell’infanzia non abbandonano mai veramente chi ne è stato vittima. Due autentici capolavori. Altra caratteristica fondamentale sono spesso i finali nebulosi dei racconti di Jones, nell’accezione migliore del termine. Infatti il lettore a tratti deve sforzarsi di comprendere e andare oltre, scavando a fondo nella trama e nella psiche dei personaggi, per trovare le risposte che l’autore intende farci arrivare. Una particolarità che rende questa antologia un piccolo gioiello: quando si tratta infatti di addentrarsi nell’arcano e nel misterioso, non è molto più stimolante interpretare un racconto, ricercando tra i vari significati, piuttosto che ritrovarsi il finale già confezionato e pronto per essere digerito? In questo Jones è un autentico maestro.

Tredici diamanti oscuri che sapranno tormentare le vostri notti, donandovi attimi di assoluto e piacevole terrore. Le visioni di Jones strisciano irrequiete per colpirvi quando meno ve l’aspettate, disegnando atmosfere conturbanti e minacciose. Lasciatevi prendere per mano e fatevi condurre nelle tenebre magistralmente ricamate dalle parole dall’autore americano: una volta entrati non vorrete più uscirne.

Voto: 4,5/5

Mr. P.

Horacio Quiroga – L’aldilà

Titolo: L’aldilà

Autore: Horacio Quiroga

Editore: Edizioni Arcoiris

Anno: 2016

Pagine: 172

Prezzo: € 12,00

“Costretto a terra, ho l’assoluta e chiara consapevolezza che, fra non molto, cesserò di vivere. Mai si è presentata alla mia mente una verità più incontrovertibile di questa. Tutte le restanti certezze ora fluttuano, danzano, come una specie di lontanissimo riverbero di un altro me stesso, in un passato che nemmeno mi appartiene. Se so di essere vivo è solo grazie alla consapevolezza, fulminea e dolorosa come un colpo inferto all’improvviso, che presto sarò morto.”

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Devo ammettere la mia colpa: pur provando un amore viscerale verso la narrativa breve, non avevo fino ad ora ancora approfondito la conoscenza di uno dei più grandi autori di racconti della cultura ispanoamericana, ossia Horacio Quiroga. La possibilità di colmare questa grande lacuna me l’ha concessa Edizioni Arcoiris che ha pubblicato, nella collana di narrativa latinoamericana “Gli Eccentrici”, “L’aldilà”, l’ultima raccolta di racconti scritta dall’autore, due anni prima di morire suicida. “L’aldilà” è impregnato in ogni sua pagina dall’idea della morte, che si intreccia in modo indissolubile all’amore, sia esso il sentimento appassionato di due amanti o l’amore puro e incondizionato di un padre verso il proprio figlio, approdando poi su lidi inquietanti intrisi di follia e disperazione.

Il volume si apre con il racconto che dà il titolo all’opera: “L’aldilà” narra, con tenerezza e struggente malinconia, di come il sentimento d’amore puro di due amanti morti suicidi possa sopravvivere alla morte stessa, avvolgendo le due anime in modo inscindibile, fino a farle svanire. Con “Il vampiro” rientriamo nei binari del classico racconto gotico di stampo britannico, ma arricchito e modernizzato da uno strano esperimento in ambito cinematografico, che prende il via dalla confessione allucinata del protagonista dal letto di un ospedale. Capiamo fin da subito come la donna rivesta un ruolo fondamentale all’interno dei racconti di Quiroga, qui rappresentata da una figura diafana e spettrale, che porterà a conseguenze terrificanti. “Le mosche (replica de L’uomo morto)” è un piccolo capolavoro che ci fa immergere nei tenebrosi e visionari pensieri di un uomo in punto di morte. Con “Il conducente del rapido” Quiroga ci proietta in un viaggio paranoico e delirante nei meandri della follia umana, accompagnando il conducente di una linea ferroviaria dalle prime avvisaglie di malessere fino allo sfociare irruento e fatale di un autentico squilibrio mentale. Ne “La chiamata” troviamo le atmosfere claustrofobiche e sottilmente inquietanti delle migliori ghost stories: si narra infatti dell’amore profondo e disperato di un padre verso la propria figlia, sentimento che sopravvive anche dopo la morte del genitore, trasportando il lettore verso un finale angosciante ed oscuro. Sempre l’amore di un padre verso il figlio fa da collante con il successivo racconto, “Il figlio”, basato però su di un impulso puro e devoto, che fa da contraltare ad una nuova analisi della pazzia insita nella mente umana. Con “La signorina leonessa”, Quiroga abbandona momentaneamente le atmosfere oniriche e tetre dei racconti precedenti, per narrare una sorta di fiaba per adulti, in cui una leonessa viene accolta ed allevata tra gli essere umani, dimenticando però la natura selvaggia e libera che da sempre caratterizza gli animali selvatici. “Il puritano” ci immerge nuovamente nella dimensione cinematografica, dandoci il privilegio di assistere agli incontri clandestini delle defunte star del cinema, in cui si discute di una affascinante quanto tragica storia d’amore. “In assenza” narra invece le vicissitudini di un uomo che ha perso completamente la memoria degli ultimi sei anni della propria vita e che tenta di ricostruire, pezzo dopo pezzo, un puzzle ambiguo e misterioso. Negli ultimi due racconti Quiroga congeda definitivamente il fantastico e l’irreale, per narrare dapprima la singolare e bizzarra corrispondenza tra un uomo e una donna (“La bella e la bestia”), per poi concludere con l’affresco di un seduttore che vede rivivere di fronte a sé uno spiacevole episodio della sua gioventù (“Il tramonto”).

L’adilà” è una raccolta affascinante, dalle mille sfaccettature, in cui convivono sogni e incubi, il soprannaturale e la vita ordinaria, la beatitudine dell’amore e l’angoscia della morte. Quiroga sa dare vita in poche pagine a personaggi difficili da dimenticare, esplorandone con minuzia la psicologia e i recessi delle loro coscienze. Tenui pennellate dalle tinte sfumate piene di dolcezza si tramutano in violenti getti dai colori aspri e violenti, trasportando il lettore in una montagna russa di emozioni e sensazioni, tra allucinazioni e deliri. Undici racconti che non possono mancare nella libreria di chi ama le short stories, ma anche di chi cerca un punto di partenza per inoltrarsi nel mondo della narrativa breve.

Voto: 4/5

Mr. P.

Christian Sartirana – Le cose oscure

Titolo: Le cose oscure

Autore: Christian Sartirana

Editore: Delos Digital

Pagine: 76

Anno: 2016

Prezzo: € 2,99

“Ora poniamo il fatto che la realtà nascosta tanto agognata dalla scienza, la religione e l’arte sia un qualcosa di davvero terrificante, basterebbe la semplice volontà di un uomo per eliminarla? Forse, Aurelio Rotondino aveva davvero un talento sorprendente ed era quello di catturare il vero significato delle cose reali e di saperlo rappresentare in modo che tutti potessero percepirlo. Il suo quadro forse non è solo un dipinto, ma il ritratto fedele di una finestra che si apre su un mondo ignoto, popolato di ombre e forme mai viste…”

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Christian Sartirana è un giovane autore classe 1983, che si è già fatto notare all’interno del panorama letterario italiano, in particolar modo in ambito horror e weird. Al suo attivo può annoverare la raccolta di racconti “Una collezione di cattiverie” (2014, Il Foglio Letterario) e la partecipazione a svariate antologie, tra cui “Malombre” (2015, Dunwich Edizioni) e “Sotto un cielo rosso sangue” (2016, MVM Factory). “Le cose oscure“, edito da Delos Digital all’intento della neonata collana di ebook “Horror Story“, è il suo primo romanzo breve.

La narrazione prende il via quando il protagonista, Mauro Mosca, abile restauratore, viene convocato dal ricco signor Calvo per un incarico molto particolare. Mosca si ritrova così immerso in uno sperduto paesino in provincia di Alessandria, al cospetto di una sontuosa abitazione e di un proprietario alquanto enigmatico. Il signor Calvo mostra subito al suo ospite ciò per cui sono stati richiesti i suoi servigi: occorre rimuovere la sovraincisione da un oscuro dipinto. Qualcuno infatti ha realizzato il disegno di una porta per celare agli occhi dei curiosi il vero quadro che si trova al di sotto, sul quale circolano orribili e inquietanti leggende. Si narra infatti che la tela possa condurre in un altro mondo, un universo parallelo e mostruoso in cui sia possibile venire a conoscenza di una terrificante realtà nascosta. Mosca si dimostra alquanto scettico, ma il signor Calvo gli rivelerà la vera storia del dipinto, un misto di follia e visioni demoniache, che saprà insinuarsi a dovere nella mente turbata del restauratore. Sarà quindi Mosca a dover decidere se scoprire cosa è celato dietro la tela, in un crescendo di angoscia e terrore, che sfocerà nello sconvolgente finale.

Sartirana ha saputo costruire abilmente atmosfere suggestive tipiche delle più classiche ghost stories, per poi virare verso un orrore cosmico e arcano, che richiama alla mente mostri sacri quali Lovecraft e Machen. Il terrore che sa evocare il giovane scrittore piemontese è raffinato e nascosto sotto la superficie, un orrore psicologico che tenta di infondere nel lettore visioni d’incubo e suggestioni oniriche. Un romanzo che fa della brevità uno dei suoi punti di forza, non indugiando in inutili digressioni, ma creando sapientemente la giusta dose di suspense e aspettativa. In ultimo la scrittura di Sartirana riesce a coinvolgere, risultando scorrevole e per nulla ampollosa, riuscendo ad esprimere efficacemente il senso di terrore che vuole trasmettere. L’unica pecca consiste nell’editing, svolto dalla casa editrice in maniera poco accurata e che penalizza ingiustamente uno scritto che avrebbe meritato sicuramente un trattamento migliore.

Le cose oscure” è un ottimo esempio di come il genere horror, e più nello specifico la sua deriva weird, sia vivo anche nel nostro Paese e di come si possa scrivere un buon racconto senza inutili spargimenti di sangue, ma puntando sull’originalità e sull’evocazione di un terrore mistico e psicologico.

Voto: 4/5

Mr. P.