Becky Sharp – Penelope Poirot e l’ora blu

Titolo: Penelope Poirot e l’ora blu

Autore: Becky Sharp

Editore: Marcos y Marcos

Anno: 2018

Pagine: 302

Prezzo: € 18,00

“Non si dovrebbe mai tornare nei luoghi dell’infanzia: tutto ci sembra profanazione.”

Conoscevo soltanto di nome Becky Sharp, pseudonimo dietro il quale si nasconde una talentuosa giallista italiana, e la sua Penelope Poirot, nipote di uno dei più celebri investigatori letterari di tutti i tempi. Così, quando mi si è presentata l’occasione di addentrarmi nei misteri di “Penelope Poirot e l’ora blu“, terzo volume dedicato all’investigatrice dagli illustri natali, non ho esitato un attimo. Complice il caldo agostano e la sana voglia di una lettura disimpegnata, l’opera di Becky Sharp si è rivelata un’ottima compagna per questi ultimi giorni d’estate.

La vicenda è ambientata a Corterossa, un piccolo borgo medievale al confine tra Piemonte e Liguria. Un luogo allo stesso tempo incantevole e minaccioso, carico di magia e di mistero. Proprio la magia e il folklore, incarnati da convegni di fate e sacrifici rituali, sono i protagonisti indiscussi del libro. Così ritroviamo Penelope Poirot e la sua fedele segretaria Velma Hamilton alle prese con una morte all’apparenza accidentale, ma che in realtà cela segreti taciuti e verità inquietanti, il tutto circondato da antiche leggende e ricordi soltanto apparentemente sepolti. Perché Corterossa è il paesino dei nonni di Velma Hamilton, dove l’inglese ha trascorso tutte le estati della sua infanzia insieme alla sua migliore amica Sveva, illudendosi entrambe di potersi tramutare in due splendide fate. Il ritorno ai profumi agrodolci dell’infanzia non sarà facile per Velma, confusa e turbata dalla marea di ricordi che affiorano, tanto che Penelope Poirot dovrà fare affidamento soltanto sulle ereditarie capacità d’intuizione, mettendo da parte l’aiuto della sua segretaria. Non voglio svelare di più sullo svolgersi della trama o sui personaggi che ruotano intorno alle due protagoniste, perché credo che ogni giallo che si rispetti debba essere scoperto poco per volta, senza rovinarsi il piacere di gustarsi il susseguirsi dei colpi di scena, piccoli o grandi che siano.
Sono rimasto piacevolmente colpito dallo stile fresco e ironico della Sharp, che sa mantenere viva l’attenzione del lettore, disseminando il libro di minuscoli indizi, a volte anche allo scopo di depistarlo. Il libro scivola via in maniera estremamente gradevole, caratteristica a mio avviso essenziale per ogni buon giallo, soprattutto per quanto riguarda le opere che si rifanno ai grandi classici del genere, come appunto questa. Non mancano però anche momenti malinconici e riflessivi, che arricchiscono la narrazione, insieme ad abbondanti dosi di umorismo. A questo proposito si rivela particolarmente azzeccato il personaggio di Penelope Poirot, eccentrica ex giornalista e critica gastronomica, impegnata nella ricerca di una saggezza superiore. Con la recente fissazione di lanciarsi in una nuova carriera di creatrice di aforismi, l’investigatrice inglese, tra continue lamentele, domande scomode e picchi di sapienza improvvisata, sa, nello stesso tempo, come farsi amare e odiare dal lettore.

Penelope Poirot e l’ora blu” è un romanzo divertente e arguto che, pur non avendo la caratura dei classici che vedono protagonista il più famoso zio, si rivela un’ottima lettura di intrattenimento. Perfetto per trascorrere in modo gradevole una manciata di ore, magari sorseggiando una bibita fresca e godendosi l’ultimo scampolo d’estate prima di immergersi nelle malinconiche atmosfere autunnali.

Mr. P.

Voto: 3,5/5

Giovanni Lucchese – Questo sangue non è mio

Titolo: Questo sangue non è mio

Autore: Giovanni Lucchese

Editore: Alter Ego

Anno: 2017

Pagine: 194

Prezzo: €  13,00

“«Vedi, a volte lasciamo che le cose brutte che ci accadono e la negatività che sprigionano dentro di noi ci definiscano. Il loro condizionarci in qualche modo ci protegge, ci isola da quel mondo esterno che ci spaventa così tanto da dover affrontare. In fondo al nostro cuore sappiamo che eliminarle ci renderebbe liberi, ma la libertà è una cosa che può fare molta paura, soprattutto quando non la si prova più da tanto tempo.»
«Tutto questo è molto profondo, ma perché ha voluto raccontare questa storia proprio a me, ora?»
« Perché prima o poi a ognuno di noi nasce un tumore, un’escrescenza, qualcosa di negativo. E prima o poi dobbiamo affrontare tutti la paura e deciderci a eliminarlo.»”

Romanzo d’esordio di Giovanni Lucchese, che in precedenza aveva pubblicato la raccolta di racconti “Pop Toys” sempre per Alter Ego, “Questo sangue non è mio” è un thriller psicologico sui generis. Tra le pagine di Lucchese non troveremo infatti serial killer, ispettori di polizia o crimini efferati. L’intera vicenda si gioca in un batti e ribatti mozzafiato all’interno della mente di Carlotta, nello stesso tempo protagonista e antagonista di una vicenda dai toni surreali.

Carlotta sembra una ragazza come tante. Un aspetto fisico ordinario, un’intelligenza nella media e un modo di fare goffo e impacciato. Ma nel profondo è consapevole di non essere come tutte le altre ragazze. Perché, nonostante farsi degli amici non sembri essere il suo forte, Carlotta ha, fin dall’infanzia, un’amica speciale, che non l’abbandona mai e con cui ha condiviso ogni momento. Il suo nome è l’Altra, ovvero la voce che le parla senza tregua nella testa. Una voce che la consiglia, la sprona e la rimprovera. Una voce che la porterà a compiere un’azione indicibile, che è anche il punto di partenza attraverso cui si snoda la narrazione.
Il romanzo alterna capitoli al presente, in cui seguiamo Carlotta in una fuga disperata, a continui flashback del passato della ragazza, più o meno recenti. Una scelta oltremodo azzeccata, in quanto ci fa comprendere con chiarezza l’inferno della vita di Carlotta, continuamente assillata dall’Altra e dai suoi consigli catastrofici, e che svela poco alla volta ciò che l’ha portata a compiere quel gesto sconsiderato.
L’autore è molto abile nello sviluppo dei dialoghi, in un continuo botta e risposta tra Carlotta e la sua voce interiore, tanto che l’Altra pare quasi un personaggio a tutto tondo e non soltanto un’emanazione degli angoli nascosti del suo intimo.
Così ci ritroviamo a voler sapere sempre di più del passato della protagonista. Siamo ingordi di fatti, parole e pensieri. Vogliamo capire perché Carlotta si sia ridotta al punto in cui è arrivata, perché non abbia amici o un fidanzato. Ma soprattutto come abbia fatto a sopravvivere tutti quegli anni in compagnia dell’Altra, senza uscire completamente di senno. Interrogativi a cui l’autore darà una risposta, inserendo anche un uomo misterioso, che cercherà in ogni modo di aiutare Carlotta. Domande e risposte che ci accompagneranno, in un saliscendi di emozioni, fino alla rivelazione finale.

Questo sangue non è mio” è un romanzo sulla solitudine e l’emarginazione sociale e di come possano intaccare la vita di un essere umano, trasformandolo interamente. Ma è anche un romanzo sull’eterna dicotomia che alberga nel cuore di ogni uomo: bene e male, luce e buio, corpo e anima. Una dualità che condiziona ogni nostro gesto, portandoci a fare delle scelte, a volte dolorose, altre sbagliate. Un’ottima prova per Lucchese, che confeziona un thriller che in realtà è molto di più. Un noir ricco di significati ma che al contempo si lascia leggere tutto d’un fiato.

Voto: 4/5

Mr. P.

Carlos Dámaso Martínez – Serial

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Autore: Carlos Dámaso Martínez

Editore: Edizioni Arcoiris

Anno: 2016

Pagine: 92

Prezzo: € 10,00

“«Ho il presentimento che la vicenda non sia finita qui.» disse poi.
«Forse» ribatté Ángel. «Io do per scontato che nessuna serie si chiude come un cerchio qualsiasi».”

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Lo ammetto: pur essendo un amante degli intriganti misteri della letteratura gialla e dei brividi e della suspense che infonde al lettore un thriller ben congegnato, non mi ero ancora avvicinato ad un vero e proprio romanzo poliziesco e dalle autentiche tinte noir, ancor meno ambientato in Sud America. Ci ha pensato Edizioni Arcoiris a fornirmi l’occasione ideale per approcciarmi al genere, proponendo nella loro collana Gli Eccentrici il breve romanzo “Serial” dell’argentino Carlos Dámaso Martínez.

Un’Argentina corrotta e inquietante fa da sfondo perfetto alla turpe vicenda dipinta da Dámaso Martínez, che ci catapulta immediatamente e senza tanti fronzoli nel cuore della narrazione, lasciandoci storditi e irrequieti. Una serie di morti stanno lentamente lasciando sotto shock l’intera società argentina. Cadaveri che appartengono a individui in apparenza senza alcun legame tra di loro ma che, scavando a fondo, sembrano essere strettamente avvolti da un filo tanto sottile quanto letale. I media e l’opinione pubblica li hanno catalogati come suicidi, ma chi ha il coraggio e la ferma volontà di squarciare il velo e guardare con decisione cosa c’è al di sotto, non può ignorare gli indizi che portano ad una più oscura ed allarmante verità. Il lettore viene guidato, attraverso la torbida nebbia che circonda il mistero, da due personaggi tanto singolari quanto diametralmente opposti l’uno all’altro. Montes è uno degli uomini di punta della malavita argentina, costantemente con il dito sul grilletto e i sensi tesi a percepire il pericolo. Proprio lui ci accompagnerà all’interno della corruzione e dell’inquinamento morale delle istituzioni argentine, tra regolamenti di conti e lavoretti sporchi per eliminare scomodi testimoni. Quello di Montes è uno sguardo lucido e spietato, consapevole di ogni propria azione, che non cerca redenzione ma punta soltanto alla propria sopravvivenza. Secondo protagonista è il giornalista televisivo Ribba, testardo e diffidente, il cui unico scopo è la ricerca della verità, anche se quest’ultima potrebbe rivelarsi particolarmente scomoda. Ed è proprio lui il primo agguerrito sostenitore sulla falsità dell’ipotesi dei suicidi, che considera una messinscena architettata ad arte per coprire qualcosa che deve rimanere accuratamente sepolto. Grazie all’aiuto di Ángel, un amico informatore, e alle mail inviate da un fantomatico ammiratore informato sui fatti, Ribba riuscirà a dare un senso alla misteriosa catena di morti. Parallelamente Montes scoprirà che la sua vita è in pericolo e che al centro degli inspiegabili suicidi potrebbe esserci proprio lui.

Con una narrazione diretta ed efficace, Dámaso Martínez ci regala una storia che non lascia un attimo di respiro, caratterizzata da un ritmo serrato e senza pause. Ad ogni pagina che voltiamo, pare quasi che acque torbide e gelate invadano la nostra mente, lasciandoci spaesati e tremanti. Un’oscurità inquietante e piacevole allo stesso tempo, che ci insinua più di un dubbio, per poi svelarli in modo lento e ambiguo. Un romanzo breve ma denso, che può essere perfetto per addentrarsi nei meandri del genere poliziesco, proprio come è capitato a me.

Voto: 3,5/5

Mr. P.

Émilie De Turckheim – Una primavera tranquilla

Titolo: Una primavera tranquilla

Autore: Émilie De Turckheim

Editore: Edizioni Clichy

Anno: 2016

Pagine: 158

Prezzo: € 15,00

“Nessuno può essere solo giorno o solo notte. Lucette dice che viviamo tutti all’imbrunire. Significa che ci troviamo tutti nel momento della giornata in cui non fa né giorno né notte e da lontano non si può mai sapere se uno è l’uno o l’altro.”

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Cosa c’è di meglio, quando il sole estivo incombe sulle nostre teste, che godersi una sana lettura? Magari un giallo pieno di intrighi e di mistero, genere letterario perfetto per trascorrere qualche ora ossigenando il cervello e magari provando anche qualche piccolo brivido lungo la schiena. Se avete già dato fondo a tutta la collezione di Conan Doyle e della Christie che avete in libreria, ci pensa Edizioni Clichy a darvi lo spunto per nuove letture. È nata infatti la collana “Quai des Orfèvres”, che vuole essere un’esplorazione nel mondo del giallo classico e del noir da una prospettiva focalizzata sui risvolti umani e psicologici. Il compito di inaugurare la collana tocca a Émilie De Turckheim, scrittrice francese di 36 anni, e al suo “Una primavera tranquilla”, primo libro dell’autrice a essere tradotto in Italia.

Paragonato per atmosfera al capolavoro “Dieci piccoli indiani”, la vicenda è narrata attraverso gli occhi di Aimé, ragazzo dalla mentalità infantile e, soltanto apparentemente, innocente. Proprio il racconto in prima persona di Aimé, personaggio poco acculturato e affetto da ritardo mentale, caratterizza lo stile di scrittura dell’intera opera. Un modo di esprimersi semplice ed elementare, che non appesantisce la narrazione, ma anzi ci fa immergere totalmente all’interno della storia. Tutto prende il via quando Monsieur Louis, ricco tenutario proprietario di una villa immersa nella campagna francese, muore a causa di un colpo di fucile. Aimé, tuttofare da anni al servizio di Monsieur Louis, scopre che, nel proprio testamento, il suo datore di lavoro ha deciso di lasciare in eredità la casa e i boschi che la circondano ai suoi cinque migliori clienti. Questo perchè ogni anno, in autunno, la villa viene trasformata in albergo per dare rifugio ad ospiti benestanti che giungono da ogni parte del paese per cacciare nei boschi di Monsieur Louis. Ciò disturba enormemente Aimé, ma soprattutto Martial, altro dipendente della tenuta, orribilmente sfigurato in volto a causa di un misterioso incidente. Da quando ha subito la mutilazione, Martial balbetta continuamente, ha paura di scorgere il proprio riflesso negli specchi e cerca in tutti i modi di sfuggire agli sguardi curiosi e terrorizzati dei clienti. Ma qual è stato il disgraziato incidente che ha causato la malformazione al viso del povero Martial? E perchè Aimé, quando viene interpellato in merito, sigilla le labbra senza sputare fuori una sola parola? Un primo enigma inizia a farsi strada nella mente del lettore: cosa nasconde il torbido passato di Martial? I cinque invitati giungono quasi in contemporanea alle porte della villa campestre, allettati dalla concreta notizia di un’eredità: non serve altro che attendere il notaio, decidere la spartizione della tenuta in parti uguali e il gioco è fatto. Così si presenta davanti ad Aimé e Martial un quintetto piuttosto disomogeneo e caratteristico di individui appartenenti al genere umano: una coppia poco raccomandabile, un ispettore di polizia ormai in pensione, un enigmatico militare e il tenutario di una casa chiusa. Cinque personaggi che apparentemente non hanno assolutamente nulla in comune, tranne l’essere stati clienti di Monsieur Louis. Ma siamo davvero sicuri che non ci sia un sottile filo invisibile che li lega in modo fragile ma indissolubile? Inizia così la lunga attesa per l’arrivo del notaio, previsto per il giorno dopo, che viene ingannata dai racconti dei nuovi venuti circa il loro primo incontro con Monsieur Louis, inframmezzata dalle osservazioni involontariamente ironiche e pungenti di Aimé. Ma la prospettiva di una tranquilla e rilassata serata, viene sconvolta da un’orribile tragedia, che getta nel panico l’intero casolare. Come se non bastasse, trascorsa la nottata, il giorno seguente il notaio tarda ad arrivare, mentre il nervosismo aumenta, quasi a significare che ci sia qualcosa di più alla base del testamento. Un indizio dopo l’altro, l’autrice ci mette di fronte alla sconcertante verità, che esplode in un finale perfetto, anche se forse un po’ prevedibile. Un’attenzione particolare la merita inoltre Lucette, l’unico vero amore di Aimè, ormai perduto per sempre, dispensatrice di piccole perle di saggezza, proprio attraverso i ricordi del ragazzo.

Émilie De Turckheim confeziona un ottimo giallo classico, che ha tutte le caratteristiche proprie del genere, arricchito da un’approfondita analisi psicologica dei personaggi. Una lettura agile e coinvolgente, che trasporta il lettore per qualche ora nelle stupende (ed inquietanti) campagne francesi, regalando una storia avvincente che si legge tutta d’un fiato. Una buonissima prima uscita per la nuova collana di gialli edita da Edizioni Clichy che, sono sicuro, saprà regalarci altre piccole perle letterarie come questa.

Mr. P.

Voto: 4/5

Joseph Incardona – La metà del Diavolo

Titolo: La metà del Diavolo

Autore: Joseph Incardona

Editore: NN Editore

Anno: 2016

Pagine: 278

Prezzo: € 17

“Come se gli uomini avessero bisogno di una catastrofe per capire cosa stanno perdendo. Come se riavvicinarsi potesse improvvisamente cambiare il corso degli eventi.”

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Con il giungere dell’estate ci si trova molto spesso, letterariamente parlando, di fronte a due scelte: o ci si rimbocca le maniche e si affronta il “libro-mattone”, quello super spesso di cui si è sempre rimandata la lettura durante l’anno per mancanza di tempo – quale occasione migliore delle vacanze, dunque? – , o ci si affida ad un buon vecchio thriller (che in alcune varianti può anche essere un giallo), pronti a tuffarsi tra misteri, colpi di scena e psicopatici assassini. Proprio avendo in mente quest’ultimo tipo di lettura mi sono avvicinata a “La metà del Diavolo”, un libro che sembrava avvincente al punto giusto, ma che da subito mi ha attratta anche per qualcos’altro. Una citazione postata da NN Editore, infatti, mi ha convinta nel profondo che sotto all’etichetta del genere, ci fosse altro. Leggendolo, non mi sono affatto ricreduta, anzi: avevo ragione al cento per cento. Joseph Incardona non ha scritto soltanto un’opera dalle tinte thriller e noir, ha ispezionato l’animo umano, i suoi tormenti, i suoi istinti, le sue paure, la sua forza. Incardona è riuscito a trascinarmi nei meandri della mente dei suoi personaggi, mai totalmente cattivi nè totalmente buoni, pieni di sfumature, dovute per lo più alle loro storie, mai banali, e spesso tragiche. La copertina (nota di merito ad NN Editore per la scelta dei progetti grafici, sempre meravigliosi!) rispecchia perfettamente il cuore del libro: un’autostrada vuota ed un’automobile che si dirige verso una bocca sconosciuta, aperta, pronta ad inghiottirla. La disperazione, l’ignoto, il nulla.

A Pierre Castan la vita ha riservato un destino totalmente diverso da quello che lui si immaginava; le premesse per trascorrere una vita felice c’erano tutte: una moglie, una figlia, un lavoro da medico legale. Famiglia, esperienza, successo. Tutto questo improvvisamente gli è stato portato via quando la piccola Lucie è scomparsa. Pierre lo sa, ormai si è rassegnato all’idea di non rivederla mai più: non si è dileguata magicamente e non è fuggita via, la sua bambina è stata rapita e sente, come lo può sentire un padre, che il suo cuore ha cessato di battere. Di fronte ad una tragedia del genere, un uomo o si arrende, accettando ciò che gli è stato riservato, dandosi risposte più o meno vaghe, rassegnandosi; o diventa tormentato, ossessionato ed ostinato nel voler trovare chi gli ha rovinato l’esistenza, con un solo scopo in mente: la vendetta. La strada che Pierre Castan ha deciso d’intraprendere è proprio la seconda: da mesi vive vagabondando per il tratto di autostrada in cui sua figlia è sparita, cercando una traccia, un piccolo indizio, spiando, parlando con sconosciuti. Sua moglie, Ingrid, si è rinchiusa in casa, attende notizie attaccata al telefono, trascorre la sua esistenza mettendo in atto compulsioni (auto)erotiche e bevendo Bloody Mary, disperata. La situazione di stallo in cui la coppia si trova, però, cambia improvvisamente quando un’altra bambina (ormai la terza nel giro di poco tempo) scompare sull’autostrada: il lettore stesso assiste al suo ultimo pranzo in autogrill, ai suoi genitori in crisi, al suo rapimento. Non è più un caso, non è più una coincidenza ormai: c’è la stessa persona dietro tutto questo orrore, qualcuno che vediamo muoversi lentamente, attento in ogni suo gesto, un emarginato, un escluso, un sadico. Intervengono allora il capitano Julie Martinez, affiancato dal tenente Gaspard e dalla sua squadra: è una corsa contro il tempo, due fazioni opposte che desiderano giungere allo stesso obiettivo, con fini però diversi. Riuscirà la polizia ad incastrare l’assassino, sarà invece Pierre Castan ad ucciderlo? O ancora, il subdolo rapitore (la cui identità verrà svelata ben presto nel corso del libro) la farà franca, pronto anzi ad agire ancora?

Ciò che rende diversa l’opera di Incardona da un qualsiasi altro noir è l’attenzione al mondo interiore dei personaggi, che sono, tra l’altro, numerosi: diversi punti di vista si affiancano nelle pagine del romanzo. Oltre ai coniugi Castan e alla Gendarmeria, infatti, vediamo susseguirsi i pensieri e le azioni dell’assassino stesso, uomo all’apparenza mite ed innocente ma dall’animo nero, quelli di Marc e Sylvie -genitori dell’ultima ragazzina rapita, Marie. Ed insieme a loro, tutta una serie di persone che vivono nei dintorni dell’autostrada, che ne hanno addirittura assunto alcuni tratti: la confusione, la transitorietà, l’insicurezza. Facciamo la conoscenza di Pascal e di Lucino, che lavorano nella ristorazione e rappresentano entrambi il marcio, per due motivi diversi; ma incontriamo anche Lola, che vende cinicamente il suo corpo all’interno di una tenda ai bordi della strada, Jacques Baudin, un uomo che colleziona nella sua baracca tutto ciò che trova nell’area di sosta accanto a cui vive e Tía Sonora, un’anziana donna che sembra poter predire il futuro delle persone a cui legge la mano. “La metà del Diavolo” è un romanzo dallo stile tagliente, pungente, ritmico e denso. I punti si susseguono uno dopo l’altro, a frasi brevi (composte addirittura molto spesso da un solo nome, da un solo aggettivo) si alternano veri e propri elenchi, come quello delle ossessioni che mi aveva tanto colpita all’inizio, prima ancora di entrare in questo tunnel buio. “La metà del Diavolo” è un vero e proprio viaggio all’inferno, un viaggio, come afferma la traduttrice Claudine Turla, nel “non-luogo” per eccellenza, l’autostrada: tutto si svolge lì, nel bel mezzo dell’estate e sembra davvero di ritrovarsi al centro della Terra, in preda ad un caldo infernale, con una speranza che si fa via via – pagina dopo pagina – sempre più debole a causa del Male che ci circonda. Imitando la linea editoriale di NN, che da, sul retro copertina, dei consigli a chi vuole leggere i loro libri, tento, molto umilmente, di farlo anche io. Questo libro è per chi ha visto l’oscurità da vicino e sa cosa significa perdersi in essa, per chi vuole sondare le tenebre umane e lotta affinchè giustizia venga fatta, sempre. Questo libro è per chi si è fermato in autogrill, un’afosa notte di luglio, dopo un concerto, e non ha potuto non pensare alla fatalità della vita, che, a volte, è in grado di sovrastarci tutti.

Voto: 4/5

Mrs. C.

Daphne du Maurier – Rebecca

Titolo: Rebecca

Autore: Daphne du Maurier

Editore: Il Saggiatore

Anno: 2015

Pagine: 425

Prezzo: € 19,00

“Chissà quanta gente al mondo aveva sofferto e continuava a soffrire perché – come me – era incapace di liberarsi dalla propria ragnatela di timidezza e ritrosia e, in preda alla follia e alla cecità, riusciva a costruirsi un muro che impediva di intuire la verità.”

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Daphne du Maurier è sempre stata un’autrice eclettica e dalla produzione quanto mai variegata: durante la sua carriera è passata agevolmente dal romanzo d’amore a quello storico, dalla biografia romanzata alle raccolte di racconti. Indubbiamente però, uno degli aspetti più affascinanti della sua intera bibliografia, è sicuramente dato da quelle opere che analizzano il lato oscuro della mente umana, attraverso un’approfondita quanto inquietante indagine psicologica. Proprio “Rebecca“, romanzo del 1938 trasposto poi al cinema nel 1940 dal maestro del brivido Alfred Hitchcock, è uno degli esempi migliori della narrativa nera della Du Maurier

La trama è semplice e alquanto lineare, ma non per questo scade nella banalità o nel già letto. L’intera vicenda viene raccontata in prima persona dalla protagonista (con la bizzarra particolarità di non venire mai chiamata per nome), consentendo alla du Maurier di farci immedesimare completamente nel disagio e nell’angoscia provati dalla ragazza,  quasi come se la nostra mente riuscisse ad evocare le immagini oscure ed i suoni inquietanti che lei percepisce. La narrazione prende il via quando una giovane dama di compagnia, al servizio di un’agiata signora americana dalle vedute alquanto ristrette, fa la conoscenza a Monte Carlo di Maximilian de Winter, un ricco ed aristocratico possidente inglese. Dopo qualche giorno di assidua frequentazione, la ragazza viene a sapere che il passato del signor De Winter è pervaso dal dolore straziante per la perdita della moglie, Rebecca, affogata tragicamente in mare. Iniziano così a delinearsi l’ombra ed il fantasma di Rebecca, che avvolgeranno con la loro lugubre presenza l’intera narrazione. Nonostante questo, tra i due sboccia l’amore, che li fa convogliare a nozze. Dopo una luna di miele trascorsa in Italia, Maxim porta la nuova moglie a Manderley, la splendida e maestosa tenuta di famiglia, situata sulla costa inglese e circondata da boschi immensi. Proprio l’ingresso nell’antica magione, ci proietta nel vivo della storia. Fin dai primi giorni, la protagonista si rende conto che la presenza di Rebecca è ovunque: la servitù ricorda ancora i suoi ordini e sembra continuare ad obbedirle, ogni cosa che la giovane sfiora era di Rebecca, i cani danno come l’impressione di attendere che lei ritorni da un momento all’altro. Come se non bastasse, la du Maurier introduce uno dei personaggi più inquietanti e meglio riusciti dell’intera opera: la cadaverica e sempre vestita di nero signora Danvers, la governante di Manderley, devota anima e corpo a Rebecca. E così inizia quasi una tacita competizione tra la signora Danvers e la giovane sposa, sempre più intimorita dagli occhi maligni e carichi di odio che l’anziana governante sfodera ogni volta che i loro sguardi si incrociano. Altra fonte costante di inquietudine è il cottage sulla spiaggia, da sempre rifugio e riparo di Rebecca quando era in vita. Qualcosa di malvagio sembra aleggiare intorno alla vecchia costruzione, tanto che Maxim intimerà più di una volta alla sua nuova moglie di non metterci piede. La scrittura evocativa della du Maurier sembra trasportarci davvero all’interno di Manderley, tra i suoi corridoi pieni d’ombra, i boschi oscuri o la misteriosa spiaggia lambita dal mare. Intanto, il tempo nella vecchia dimora scorre veloce e una primavera si trasforma in estate, mentre la nuova signora De Winter fa visita alla nonna di Maxim, che invoca a gran voce Rebecca ripudiando la nuova arrivata, e fervono i preparativi del tradizionale ballo in maschera, che finirà con l’ennesimo trionfo di Rebecca. Un crescendo di tensione e di angoscia, che ci accompagna lentamente fino allo sconvolgente finale, tenendoci incollati alle pagine.

Rebecca” è un superbo romanzo psicologico, difficile da incasellare in un genere preciso, dalle tinte fosche e poco rassicuranti. La caratterizzazione dei personaggi è assolutamente perfetta e la presenza di Rebecca in ogni dettaglio della casa è reso magistralmente dalla du Maurier. Un libro che si legge tutto d’un fiato, in cui l’atmosfera e le sensazioni giocano un ruolo fondamentale. Quando terminerete la lettura vi sembrerà ancora di essere immersi nel paesaggio inglese, con il rumore del mare che si infrange sugli scogli, e se chiuderete gli occhi, la vostra mente  scorgerà ancora il ricordo di una donna bellissima, alta e pallida, di nome Rebecca.

Voto: 5/5

Mr. P.