Anne Fine – Lo diciamo a Liddy?

Titolo: Lo diciamo a Liddy?

Autore: Anne Fine

Editore: Adelphi Edizioni

Anno: 2002

Pagine: 185

Prezzo: € 8,50

“Il diavolo può vivere nello stagno più tranquillo.”

$_57 (1)

Chi di noi non ha mai sentito dentro di sè una vocina che, quando si litigava con i fratelli maggiori o quando la mamma non ci permetteva di uscire fino a tardi la sera, ci ripeteva «Gli amici te li scegli, i parenti te li prendi»? Immagino nessuno, perchè fin da piccoli abbiamo imparato che ognuno si ritrova con la famiglia che ha, non ha potuto sceglierla e non può ormai farci nulla a riguardo, deve solo accettarla, nel bene e nel male. Ma che cosa fareste se un parente molto vicino a voi, mettiamo una sorella, vi rivelasse un pettegolezzo maligno, forse un vero e proprio torbido segreto, su un futuro membro della vostra famiglia, mettiamo il fidanzato di un’altra vostra sorella? Rivelereste il fatidico scheletro nell’armadio, consci del fatto che potrebbe mettere a repentaglio più di una relazione, o vi terreste tutto per voi?

E’ su questo dilemma che ruota “Lo diciamo a Liddy?“, romanzo psicologico di Anne Fine, sottotitolato con una frase che io trovo perfetta – “una commedia agra“. La risposta alla domanda che da il titolo al libro la si trova nella prima metà del romanzo, ma la situazione, anzichè risolversi, peggiorerà ulteriormente, facendo precipitare i protagonisti in una spirale di sentimenti quali la vendetta, l’egoismo, il cinismo, la falsità, che, in teoria, poco dovrebbero avere a che fare con la famiglia. Le quattro sorelle Palmer sono sempre state legatissime, fin da piccole: forse proprio Bridie -la protagonista principale del libro- è stata il collante che ha permesso di mantenere i rapporti fino all’età adulta. Ma a volte, nella vita, si giunge ad un punto di non ritorno: bisogna decidere cosa fare, prendere in mano la situazione e cercare la verità a tutti i costi, per quanto dolorosa e brutta sia. Ed è allora che tutto viene a galla, che ci si riscopre persone diverse, più fredde, più calcolatrici, più menefreghiste. Non ci si riconosce nemmeno più.

Al di là della trama -se cercate un libro pieno d’azione, non è quello che fa per voi: la Fine si concentra molto sui dialoghi, spesso anche interiori, ma non fa succedere granchè, tranne quei due o tre colpi di scena che portano avanti il ritmo della narrazione-, quello che ho apprezzato di più è il realismo e la sincerità con cui si è scritto della famiglia, un argomento che frequentemente è visto come tabù, perchè deve essere perfetto a tutti i costi e non deve avere crepe. I membri della propria famiglia non sono per forza degli esseri buoni e generosi, che si devono difendere in ogni occasione, qualsiasi cosa facciano. Le sorelle si possono odiare. L’indifferenza è un’arma potentissima. E’ possibile perdonare i propri mariti. La vendetta, nonostante spesso ci faccia perdere tutto quello che abbiamo, può valerne la pena. 

Lo diciamo a Liddy?” è un romanzo scorretto e scomodo per i più: mette in luce le ombre -scusate l’antitesi- che anche le cosiddette “famiglie del Mulino Bianco” hanno, perchè, come ci ricorda l’incipit di un altro grande romanzo che parla di rapporti parentali e familiari, «Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo» (per chi non lo sapesse, sto parlando di “Anna Karenina” di Tolstoj). Non è quindi tutto oro quel che luccica. Leggendo questo libro vi farete anche voi molte domande: è giusto dire sempre la verità? E’ meglio farsi i fatti propri? Conosciamo mai davvero qualcuno? La propria famiglia è fondamentale o, una volta cresciuti, è possibile farne a meno?

Voto: 4/5

Mrs. C.

David Nicholls – Noi

Titolo: Noi

Autore: David Nicholls

Editore: Neri Pozza

Anno: 2014

Pagine: 431

Prezzo: € 18,00

“C’è un detto, citato anche in una canzone pop: se ami qualcuno lascialo libero. Sciocchezze: se ami qualcuno legalo con una robusta catena di ferro.”

image_book

David Nicholls mi aveva appassionato con “Le Domande di Brian”, mi aveva divertito con “Il Sostituto” e mi aveva commosso con “Un Giorno”: con il suo ultimo romanzo “Noi” è riuscito nel difficile intento di suscitare nel lettore un perfetto mix di tutte queste emozioni. “Noi” narra la storia di Douglas, un uomo come tanti altri, innamorato della scienza, della bella moglie Connie e del problematico figlio Albie. Ma purtroppo a volte l’amore non basta. E così capita che nel bel mezzo della notte Connie svegli Douglas in modo improvviso rivelandogli che, pur amandolo ancora, l’idea di invecchiare insieme la terrorizza: in poche parole lo sta lasciando. Ma prima c’è un’ultima cosa da fare insieme: il grand tour, ossia un viaggio in Europa programmato da mesi, per poter assaporare ancora il gusto dolceamaro di avere la famiglia Petersen riunita al completo prima della partenza di Albie per il college.

Così per Douglas il grand tour diventa una sfida contro se stesso per riconquistare la moglie e riallacciare i rapporti con il proprio figlio, ormai deteriorati da tempo. E proprio il viaggio e il continuo muoversi dei protagonisti è uno degli aspetti più affascinanti dell’opera. Si passa dagli scorci romantici e nostalgici di Parigi al senso di libertà e di trasgressione di Amsterdam, per poi approdare nei vicoli bui e terribilmente affascinanti di Venezia e terminare sulle assolate spiagge di Barcellona, senza dimenticarsi prima di rimanere incantati dalla maestosa Guernica di Picasso a Madrid. Durante tutto il viaggio intensi flashback sul passato di Douglas e Connie ci tengono compagnia, tanto che dopo poche pagine ci sembra già di conoscerli da una vita e vorremmo che fossero la coppia di amici che abbiamo sempre desiderato.

Noi” affronta i temi dei complicati rapporti tra padre e figlio, della perdita straziante di una persona cara, del sentirsi perennemente fuori posto, come racchiuso in una bolla di sapone che vola a qualche metro da terra senza mai poter raggiungere la terraferma e le fragili persone la popolano. Lo fa a volte con profonda malinconia, andando a pizzicare le corde più intime e delicate del nostro io, altre con leggerezza e ironia, strappandoci un sorriso che può anche trasformarsi in una fragorosa risata di gioia. Non si può fare a meno di simpatizzare per Douglas, provando la stessa irritazione e lo stesso senso di sconfitta provocati dai tanti piccoli episodi negativi di cui la sua vita sembra costellata. Ma è anche impossibile non restare ammaliati dall’incredibile voglia di vivere e dal violento amore per l’arte di Connie. E a volte un acuto senso di fastidio per le bravate di Albie ed il suo credersi già adulto sembra spuntare lentamente durante la lettura, per poi tramutarsi però nel comprensivo sorriso di un padre che guarda con amore un figlio troppo diverso da lui, ma splendido proprio perchè è così.

Sicuramente l’intensità e l’autenticità che sprigionano queste pagine ci resteranno incollate addosso per molto tempo dopo aver terminato la lettura. E proprio quando meno ce l’aspetteremo ci tornerà in mente la famiglia Petersen e ci verrà voglia di aprire una pagina a caso e leggere uno stralcio della loro vita. Perchè “Noi” è e resterà sempre un libro prezioso.

Voto: 4,5/5

Mr. P.

Mario Martone – Il giovane favoloso

Titolo: Il giovane favoloso

Regia: Mario Martone

Anno: 2014

Durata: 137 minuti

Poster IL GIOVANE

I film biografici sono spesso un’arma a doppio taglio: se da una parte il regista, gli sceneggiatori e gli attori stessi hanno l’onore di riportare in vita una persona molto spesso conosciuta in tutto il mondo per le sue vicende particolari o per le sue doti eccelse, attirando lo spettatore verso il genio o la sfortuna dell’individuo in questione, dall’altra essi devono cercare di non romanzare troppo la vita del protagonista, attenendosi ai fatti senza però far risultare il tutto un prodotto inutile e noioso.

Il giovane favoloso“, ultimo lavoro di Mario Martone, risalente al 2014, è un biopic che riesce perfettamente nell’impresa. Apparentemente la trama è semplice: il film, infatti, narra la vita del poeta ottocentesco Giacomo Leopardi. Quest’ultimo vive fino alla prima età adulta in un ambiente oppressivo, dominato da un padre tanto nobile quanto austero, che lo condanna alla perfezione ed allo studio continuo e ossessivo. Egli trascorre le sue giornate nell’immensa biblioteca, a tradurre versi e a scrivere poesie, fantasticando sulla giovane donna a cui, anni più tardi, dedicherà una delle sue liriche più famose, “A Silvia”. Non è questo, però, quello a cui aspira Leopardi: vorrebbe infatti andarsene dal suo «natio borgo selvaggio», ha un desiderio di gloria che definisce «smoderato e insolente», e l’occasione sembra giungere dall’intima ed intensa corrispondenza con l’intellettuale Pietro Giordani. Combattendo contro l’opposizione paterna, in un bellissimo monologo interiore -che è anche l’unico momento in cui il giovane perde la calma alzando la voce ed affrontando tutto ciò che detesta («Io odio, odio questa prudenza, questa vile prudenza, che ci agghiaccia, ci lega, ci rende impossibile ogni grande azione, padre, ci riduce ad animali…»)- infine riuscirà a fuggire da Recanati, che gli è «tanto cara da somministrargli idee per un trattato dell’odio per la patria». Ecco che Leopardi si trova ad affrontare la vita vera, quella da cui era sempre stato escluso: nonostante le varie peregrinazioni in giro per l’Italia con l’amico Antonio Ranieri, continuamente in ristrettezze economiche, soggiogato da un male fisico che lo costringe ad incurvarsi sempre più, il giovane non rinuncia alla sua smania creativa e continua a scrivere poesie e prose, spesso criticate per l’esagerata presenza di pessimismo, fino alla fine dei suoi giorni.

Quello che rende “Il giovane favoloso” un esperimento andato a buon fine è, a parer mio, la straordinaria prova attoriale dimostrata da Elio Germano. Interpretare un uomo minato dalla malattia fisica (e, perchè no?, forse anche da quella mentale -molto si è discusso a proposito di una possibile forma di depressione del Leopardi) non è affatto semplice. Lo sguardo perso nel vuoto, che segue forse pensieri inaccessibili agli altri, la voce timida e traballante, a volte quasi un balbettio, che diventa ferma ed allo stesso tempo delicata solo quando declama versi, la gobba, che lo rende sottomesso e fragile di fronte agli altri, sono tutti elementi che vanno a formare la persona -e la personalità- dell’uomo che si è voluto ritrarre, elementi così presenti da far suscitare nello spettatore pena e tenerezza nei confronti del protagonista. L’interpretazione di Germano -unita alla bellissima fotografia diretta da Renato Berta ed all’eclettica ma azzeccatissima colonna sonora affidata a Sascha Ring– ha reso intenso e toccante un film che avrebbe potuto invece diventare soltanto una serie di luoghi comuni sul poeta recanatese, senza provocare grandi moti del cuore -cosa che, per fortuna, ha invece fatto.

«Dato che l'andamento, e le usanze, e gli avvenimenti e i luoghi di questa mia vita sono ancora infantili, io tengo afferrati con ambe le mani questi ultimi avanzi e queste ombre di quel benedetto e beato tempo dove io sperava e sognava la felicità, e sperando e sognando la godeva. Ed è passato nè tornerà mai più, certo mai più; vedendo con eccessivo terrore che insieme con la fanciullezza è finito il mondo e la vita per me, e per tutti quelli che pensano e sentono. Sicchè, non vivono fino alla morte se non quei molti che restano fanciulli tutta la vita.»

«Dato che l’andamento, e le usanze, e gli avvenimenti e i luoghi di questa mia vita sono ancora infantili, io tengo afferrati con ambe le mani questi ultimi avanzi e queste ombre di quel benedetto e beato tempo dove io sperava e sognava la felicità, e sperando e sognando la godeva. Ed è passato nè tornerà mai più, certo mai più; vedendo con eccessivo terrore che insieme con la fanciullezza è finito il mondo e la vita per me, e per tutti quelli che pensano e sentono. Sicchè, non vivono fino alla morte se non quei molti che restano fanciulli tutta la vita.»

Mrs. C.

Jonathan Carroll – Tu e un quarto

Titolo: Tu e un quarto

Autore: Jonathan Carroll

Editore: Fazi Editore

Anno: 2006

Pagine: 281

Prezzo: € 15,50

“I ricordi d’infanzia sono le nostre ferite e, pur detestandoli, spesso li accarezziamo e proteggiamo.”

$_57

Mi sono avvicinato a “Tu e un quarto” credendo di avere in mano una raccolta di classiche storie horror. Forse mi aveva fuorviato il “Bram Stoker Award” (riconoscimento che viene attribuito ogni anno alle migliori opere di narrativa dell’orrore) con cui era stato premiato il libro nel 1995 o il fatto di aver letto altre opere di Carroll che si avvicinavano al genere (a tale proposito vi consiglio caldamente “La voce della nostra ombra”). E invece racconto dopo racconto mi sono trovato immerso in storie surreali, in visioni oniriche, in vere e proprie allucinazioni della mente e della coscienza dell’uomo. Carroll in queste diciannove storie nere si trasforma in un vero e proprio costruttore di sogni (o di incubi?), un artigiano che modella con mani sapienti la materia di cui è composta l’irrealtà, che a nostra insaputa invade la tranquilla e confortante quotidianità della nostra esistenza. E così ci troviamo di fronte alle situazione più assurde e disparate: una coppia convive con l’amico immaginario che la moglie si era creata da bambina, un uomo il cui unico desiderio è quello di diventare ricco viene tramutato in una banconota da un dollaro, una casa piange la scomparsa della felicità dalle sue stanze, un uomo adulto improvvisamente si ritrova un adolescente al college.

Ma nelle storie di Carroll c’è anche spazio per una realtà impregnata di malinconia, che dipinge di colori scuri i grigi cieli autunnali che accompagnano l’esistenza dell’uomo. Due ottimi esempi sono “Un cenno di saluto” e “Collezione d’autunno”, racconti delicati e intrisi di tristezza, che scavano a fondo nell’animo umano. Un cenno a parte meritano poi “Il migliore amico del cane” e “Oh oh lallà”. Il primo si distingue per aver vinto un “World Fantasy Award” e narra le vicende di un uomo che perde una gamba per salvare la vita al proprio al cane. Con quest’ultimo si sdebiterà in un modo molto particolare. Il secondo, che io reputo probabilmente il miglior racconto della raccolta, descrive l’inquietante e straordinaria storia di un professore di letteratura che viene scelto per diventare un trentaseiesimo di Dio. E in questa vicenda assurda e visionaria è racchiusa tutta la poetica di Carroll: un riassunto perfetto della sua fantasia senza limiti e dell’originalità delle sue trame.

In sintesi “Tu e un quarto” è una delle migliori raccolte di racconti che mi sia capitato di leggere negli ultimi tempi: diciannove piccole perle da scoprire poco alla volta e da gustare in ogni più piccola sfumatura. Un libro che va oltre i generi, scritto da un autore in Italia ingiustamente troppo poco apprezzato. Lunga vita ai sogni…e ovviamente anche agli incubi!

Voto: 4/5

Mr. P.

Blog con vista apre i battenti!

E’ con un grande entusiasmo ed un po’ di timore che annunciamo l’apertura di “Blog con vista”.

Il nome è sorto spontaneo, essendo questo spazio affiliato alla nostra pagina Facebook che si chiama, per l’appunto, “Pagina con vista”. Una finestra aperta quindi, che regala una vista a 360 gradi. Una vista su che cosa, però?

LIBRI

Perchè i libri?

Perchè leggere non è solo un hobby, per noi. La lettura fa parte delle nostre vite da molti anni, c’è chi ossessivamente ricopia le frasi dei libri che più la colpiscono su pile e pile di quaderni, e chi sogna di aprire una propria libreria per poter condividere questo amore con gli altri. I libri ci salvano nei momenti bui, strappandoci una risata, immergendoci in un mondo alternativo o facendoci riflettere sulla nostra esistenza. Aprono la mente, sono ottime armi contro l’ignoranza e ci permettono di sognare e conoscere allo stesso tempo.

FILM

Perchè i film?

Perchè il cinema è una meravigliosa invenzione che sa sorprenderci con mirabolanti effetti speciali ed allo stesso tempo ci fa sentire a casa, toccando temi che sono per noi cari. I film raccontano storie per immagini e molto spesso la fotografia stessa è importante, perchè ci dice qualcosa, ci fa emozionare, spaventare, ci permette di vivere in un altro posto per due ore, minuto più, minuto meno.

VIAGGI

Perchè i viaggi?

Perchè, molto banalmente, la vita è una sola, il tempo è poco e dentro di noi c’è un insaziabile desiderio di scoprire cose nuove. I viaggi -lontani o vicini, lunghi o brevi che siano- ci aiutano a comprendere le bellezze di questo mondo: l’Arte, le meraviglie naturali, il buon cibo, l’architettura, le culture differenti dalle nostre. Tutto questo ci affascina e, nelle nostre possibilità, vogliamo viaggiare il più possibile per poter imprimere la bellezza nei nostri occhi e nei nostri ricordi.

Ma il nostro blog tratterà anche di musica, perchè una vita senza musica non è nemmeno immaginabile e basta chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalle note, dolci, malinconiche, rabbiose o piene di gioia, per lasciarsi alle spalle tutto quanto ci circonda ed essere catapultati in un mondo fatto di pura emozione. E come dimenticare le serie tv, capaci di appassionare per mesi e mesi, tanto da non voler più lasciare i protagonisti, ormai diventati nostri intimi amici. In più news, per essere sempre aggiornati sul mondo dell’editoria e del cinema, rubriche tematiche, piene di consigli e curiosità, e tutto ciò che riterremo interessante e stimolante.

In sostanza, “Blog con vista” nasce come spazio di condivisione, perchè pensiamo che questa sia la chiave giusta per crescere, conoscere e vivere felici.

Mr. P. & Mrs. C.