Breve premessa
I libri di cui parlerò a breve non sono per me libri brutti, ma mi hanno sinceramente lasciato, chi più chi meno, un po’ d’amaro in bocca. Su ciascuna opera ero piena di aspettative e, purtroppo, sono state quasi tutte deluse. Forse è colpa del momento in cui li ho letti – c’è un tempo giusto per ogni romanzo –, forse mi hanno trasmesso poco o magari qualcosa mi ha infastidita. Oppure, sono semplicemente meno meravigliosi di quanto si decanti in giro.
GEORGES SIMENON – LA CAMERA AZZURRA
Il mio primo Simenon. Non sarà di sicuro l’ultimo, perchè tra le centinaia di titoli che questo autore ha sfornato ce ne sono alcuni la cui trama m’ispira parecchio, spero solamente che non siano così scontati. “La camera azzurra” è una sorta di romanzo noir che tratta i temi dell’amore ossessivo e del tradimento. Temi che, di solito, mi attirano molto e che mi lasciano sempre qualcosa. Ma non è assolutamente ciò che è successo con questo libro. Pur scrivendo parecchio bene, ho trovato le vicende un po’ banali, a tratti noiose (seppure ad un certo punto della narrazione ci sia un buon colpo di scena) e quindi la sensazione che il romanzo mi ha lasciato è l’indifferenza, la mediocrità, nessun grande difetto ma neanche nessun pregio.
IRVIN YALOM – LA CURA SCHOPENHAUER
Ho iniziato questo romanzo con tantissime aspettative, per due motivi principali: primo, avevo letto, sempre dello stesso autore, “Le lacrime di Nietzsche”, e mi era piaciuto tantissimo, mi aveva quasi commossa; secondo, ho a che fare con la psicologia ed amo la filosofia. Le premesse c’erano tutte, dunque: un autore già conosciuto che era riuscito a toccarmi il cuore, una trama che parlava di uno psichiatra che contattava un vecchio paziente, fissato con Schopenhauer, e con cui iniziava una terapia di gruppo. E invece no. Il libro è farcito da una serie di luoghi comuni sul vivere la vita, fare quello che amiamo, aiutare gli altri, e blablabla. Che all’inizio potrebbero anche starci, ma dopo un po’ anche no. Le trascrizioni delle sedute di gruppo sono interessanti, ma siccome praticamente tutti i protagonisti (ad eccezione di Philip, per quanto mi riguarda) sono super irritanti, alla fine ci si stanca – e ci si confonde pure tra i nomi, si fa fatica a distinguerli. Le piccole intrusioni biografiche sulla vita di Schopenhauer non sono male, ma alla lunga rischiano di diventare solo una summa di tutti i suoi aforismi. Le avventure di Pam in India è meglio se non ne parliamo neanche. Insomma, qualche piccolo spunto c’è, ma mi aspettavo veramente tanto di più. Banalissimo e costruito male.
JOHN WILLIAMS – STONER
E qui mi aspetto una pioggia di insulti e parolacce. Ai primi due libri che ho citato ho dato 3 stelline su 5, gli ultimi se ne beccano 3.5/5, sono stata un po’ più magnanima. Ma veniamo al dunque: “Stoner”. E’ stato definito uno dei libri più belli degli ultimi anni, quindi ero veramente curiosa di leggerlo. Forse mai delusione fu più grande. “Stoner” è un romanzo irritante. Il protagonista, William Stoner, è un uomo normale, segue una certa linea per tutta la sua vita e non appena devia un po’ da quella che per lui e gli altri è la norma, cede e torna subito alla quotidianità. Egli vive fino alla fine dei suoi giorni un’esistenza convenzionale, costellata da numerose sfortune e ben poche gioie. E tutto ciò è irritante perchè il lettore si ritrova a pensare “Dai Stoner, forse questa volta ce la fai, se t’impegni veramente, se non ti rassegni, se cambi qualcosa nella tua vita, se, se, se…” eppure niente. Stoner nacque e Stoner rimase. E per chi odia l’inettitudine, per chi vuole fare qualcosa e non accettare invece silenziosamente ciò che accade, tutto questo è inaccettabile. Sono conscia del fatto che molto spesso vada così, ma io non cedo a questa visione, non ancora almeno. John Williams comunque rende il libro abbastanza piacevole perchè scrive bene, e certi passi sono molto poetici ed eleganti. L’amore per la letteratura, l’odio sottile nelle relazioni più intime, sono trattati anche questi temi, ma, purtroppo o per fortuna, un romanzo del genere non riesco proprio a definirlo un capolavoro. Se non altro, mi ha insegnato come non vivere la mia vita futura.
HENRY JAMES – RITRATTO DI SIGNORA
Un pomeriggio, accendendo la televisione, ho cominciato a vedere un film che aveva Nicole Kidman come protagonista: “Ritratto di signora”. Non lo conoscevo, ma ho subito scoperto che era tratto da un romanzo di un autore anche piuttosto famoso: nientepopodimeno che Henry James. Siccome la pellicola già mi stava appassionando dopo pochi minuti, ho deciso d’interromperla e di comprare il libro, detestando vedere prima le trasposizioni cinematografiche. Così, qualche mese dopo, è giunto nelle mie mani. Ci ho messo un sacco a finirlo. Forse perchè l’ho letto durante la sessione d’esami, o forse perchè è un tomo di più di 600 pagine in cui non succede poi granchè. Se vi aspettate colpi di scena a non finire, non è il libro che fa per voi. “Ritratto di signora” è un romanzo per lo più introspettivo, ed ho iniziato ad apprezzarlo davvero solo oltre la metà. Le descrizioni di James di città come Londra o Roma mi hanno trascinata esattamente in quei posti, nelle strade nebbiose della prima e tra le rovine antiche della seconda. Nonostante io ami i classici e tutte quelle opere che scavano dentro l’animo umano, non sono rimasta folgorata da questo libro, mi aspettavo forse di più, e a fine lettura mi sono ritrovata un po’ provata da tutta questa pesantezza.
DINO BUZZATI – IL DESERTO DEI TARTARI
Ecco, qui mi vergogno un po’. Perchè so che il mio problema con questo libro di Buzzati è in realtà dato dal sentimento principale che l’autore voleva far provare al lettore: la lentezza, l’attesa, l’inesorabilità del tempo. A volte mi sono chiesta “Ma quando finisce?!?”. Non perchè fosse un libro brutto, ma proprio a causa del continuo aspettare qualcosa, una svolta, questi benedetti Tartari! In realtà, non mi è dispiaciuto. Buzzati, come sempre, scrive molto bene, certi monologhi interiori sono veramente belli e la storia in sè è piena di poesia. L’autore riesce a descrivere perfettamente la solitudine umana, la speranza, l’attesa continua. Perchè sì, questo è un libro sulle attese. Il protagonista aspetta per tutta la vita una guerra, un evento forse mitico, un qualcosa che però potrebbe dare senso alla sua esistenza; Giovanni Drogo prova a tornare nel suo mondo, quello prima dell’esperienza alla Fortezza, ma non ci riesce, nonostante fosse uno dei suoi desideri maggiori il primo giorno di servizio. Lui deve aspettare, sa che succederà qualcosa, o, per lo meno, ci spera. Questo romanzo richiede concentrazione ed una buona dose di tempo: ciò che ha fatto sì che lo inserissi in questa lista è proprio la lentezza, lentezza che giustamente serve a dare il ritmo malinconico di cui è pervaso. Insomma, riconosco che Buzzati abbia avuto un’idea geniale, ma tutto questo attendere mi ha un po’ stancata.
Ecco quindi alcuni dei libri che mi hanno meno entusiasmata, durante questo 2015. E per quanto riguarda voi? C’è qualche libro da cui vi aspettavate molto e che invece vi ha delusi? Fatecelo sapere!
Mrs. C.