Titolo: Ritratto di un matrimonio
Autore: Nigel Nicolson
Editore: Lindau
Anno: 2018
Pagine: 296
Prezzo: € 23,00
“Ma, come sola giustificazione, separo i miei amori in due metà: da una parte il mio amore per Harold, ch’è perenne e inalterabile, è la cosa migliore, e non v’è mai stato altro che purezza in questo mio sentimento, come non v’è mai stato altro che assoluta candidissima purezza nel suo spirito; e, dall’altra parte, v’è la mia natura perversa, che amò e tiranneggiò Rosamund, finendo per abbandonarla senza un palpito di rimorso, e che adesso è irrimediabilmente legata a Violet. Ho qui un foglietto su cui Violet, psicologa d’intuito, ha scritto una volta: «La parte superiore del tuo volto è purissima e solenne – quasi infantile. E la parte inferiore è imperiosa, sensuale, quasi brutale. E ciò forma il più assurdo dei contrasti, ed è straordinariamente emblematico della tua duplice personalità, alla dottor Jekyll e Mister Hyde». Questo è il nocciolo della questione, e ben vedo adesso che la mia maledizione è in questo dualismo, contro cui per debolezza e intemperanza non ho saputo lottare.”
Credo che ormai si sia capito: ho una passione particolare per tutti quei libri che prendono la forma del diario, dello scambio epistolare, del memoir. Immergermi totalmente nella vita di qualcuno – di un artista, perlopiù – me lo fa sentire vicino, mi permette di conoscerlo meglio, di trovare dei punti di contatto tra me e lui e di analizzare (e forse comprendere?) poi in un modo più approfondito le sue opere. Ecco i motivi che mi spingono a leggere questo tipo di letteratura, molto personale, molto intima, spesso anche molto dolorosa. Non stupisce quindi il mio interesse per “Ritratto di un matrimonio”, opera a metà tra biografia e autobiografia, a cura di Nigel Nicolson, pubblicata da Edizioni Lindau. Questo volume è particolare proprio perché è un vero e proprio ritratto della vita di due persone, tracciato però a quattro mani. La coppia in questione è quella formata da Vita Sackville-West e da suo marito Harold Nicolson. Le ‘quattro mani’ sono quelle di Vita stessa, che all’età di ventotto anni confessa nero su bianco, in un quaderno, i segreti nascosti nel suo cuore, e quelle di Nigel, suo figlio, che una volta adulto decide di pubblicare quelle memorie e di completarle, narrando l’incredibile e tormentata storia d’amore dei suoi genitori. Le due voci, dunque, si alternano nei diversi capitoli, insieme a quelle di altri protagonisti delle vicende narrate: preziosissime sono le testimonianze fornite da lettere, fotografie, diari di familiari e amici, piccoli pezzi del puzzle che messi insieme riescono a dare un quadro più generale dei quarantanove anni di matrimonio di Vita e Harold. Che cosa ha reso così speciale questo rapporto? – qualcuno potrebbe chiedere.
Vita incontra per la prima volta Harold nel giugno 1910, giovanissima: lei ha a malapena diciotto anni, lui ventitré. Anche se fin dall’inizio è affascinata dal suo modo di fare gioioso e intelligente e dai suoi capelli ricci, la donna non s’interessa granché di lui: apprezza sì la sua compagnia ma non riesce a vederlo da un punto di vista diverso, che trascenda la semplice amicizia. Vita è infatti attratta dalle donne, dalla sua amica di sempre, Rosamund, e nel suo quaderno afferma di essere stata – in quel periodo – “molto innamorata” di lei. I due cominciano comunque una frequentazione più o meno abituale e, ricordando la sera della proposta di matrimonio al ballo di Hatfield (nel gennaio 1912), Vita scrive: “Non mi aveva mai neanche parlato d’amore – non una parola, mai – e m’ero accorta di piacergli solo perché cercava in ogni modo di star con me, e quand’era lontano mi scriveva sempre. Inoltre, me l’avevan messo in testa le chiacchiere della gente. Avevo sempre pensato che si sbagliassero, ma no; e quella sera stessa al ballo [di Hatfield] mi chiese di sposarlo, e io gli risposi di sì. Lui era molto timido, e si strappò a uno a uno tutti i bottoni dei guanti; e io ero spaventata, e cercavo di impedirgli di arrivare al dunque”. Nonostante queste sue memorie, la giovane Vita pare realmente confusa: come è possibile notare dai diari dell’epoca (suoi e della madre, Lady Sackville), la sua risposta non fu né totalmente positiva né totalmente negativa. Chiese del tempo e, per questo motivo, il fidanzamento fu tenuto nascosto per mesi e rimandato ufficialmente, complice anche la partenza di Harold per Costantinopoli. Sempre convinta di avere una duplice natura, conscia del fatto che per lei “amare” significasse poter rivolgere questo sentimento a più di una persona, dopo una serie di tensioni e peripezie Vita sposò Harold il primo ottobre 1913, a Knole, il maniero dove lei era cresciuta.
La complessità del loro rapporto, però, non si esaurì semplicemente prima del matrimonio, anzi: fu proprio negli anni che seguirono che le cose si complicarono ulteriormente. L’amicizia di vecchia data tra Vita e Violet Trefusis, “ambigua” nei sentimenti fin dall’adolescenza (“Ti amo, Vita, perché ho visto la tua anima” le scriveva Violet nel 1910, ad appena sedici anni), subì un’evoluzione e tra le due donne emerse un’appassionata e violenta storia d’amore. Un continuo rincorrersi, trascorrere mesi lontane dai rispettivi compagni ma sempre insieme, una vita passata a scrivere e a viaggiare: Cornovaglia, Italia, Francia, Inghilterra. Quattro anni (dal 1918 al 1921) a dir poco impetuosi, felici a tratti, in cui il rapporto con suo marito – nonostante le vicende e le lettere amareggiate che lui le mandava – non vacillò mai veramente, perché lui stesso non nascondeva a sua moglie le sue relazioni omosessuali. Gradualmente, dopo promesse infrante e fughe travolgenti, la relazione tra le due donne s’interruppe, soprattutto per volere di Vita stessa. Nel dicembre 1922 scriverà ad Harold: “Non vorrei aver niente a che fare con Violet, di nuovo, neanche per tutto l’oro del mondo. E neanche se tu non esistessi – te che amo nel modo più profondo, e inguaribilmente. Oh lo so cosa dirai! «Ma mi amavi anche allora, eppure sei andata via con lei». E’ proprio vero. Ti amavo, sì, e ti ho sempre amato, anche in quegli anni disgraziati… Ma lo sai, no, cos’è l’infatuazione. E io ero pazza”. I due rimasero insieme per tutta la vita e il loro amore, pur superando altre prove – comunque mai così difficili come le precedenti – , riuscì a resistere, perfettamente intatto.
Sono due le cose che mi hanno particolarmente toccata di questa storia – che, ricordiamolo, è realmente accaduta. La prima ha a che fare con la tenacia e la determinazione che possono legare due persone: nonostante Vita e Harold abbiano avuto entrambi altri amanti, altri amori, si siano allontanati per diversi periodi, abbiano sofferto e siano stati egoisti, hanno sempre creduto in ciò che li univa, sono sempre tornati, alla fine, l’uno dall’altro, e non per abitudine o per noia, ma per un sentimento profondo e raro. Questo mi porta alla seconda cosa che mi ha colpita: il modo estremamente moderno in cui entrambi concepivano il matrimonio. Una relazione aperta, libera, in cui non ci si doveva sentire costretti ad alcunché. Chi l’ha deciso che l’oggetto del nostro amore dev’essere necessariamente uno soltanto? Perché non può essere anche un altro uomo, un’altra donna per me, e viceversa per il mio compagno? Si tende spesso a giudicare, ancora oggi, chi percorre una strada differente da quella che pare più diffusa: vogliamo davvero abbassarci a ciò e non comprendere che, invece, è meraviglioso fare semplicemente ciò che si desidera, al di là delle convenzioni, sempre naturalmente con rispetto nei confronti degli altri? Nigel Nicolson stesso, ad un certo punto, parlando di sua madre afferma: “Combatté per il diritto di amare, uomini e donne, respingendo la convenzione per cui solo la fedeltà si addice al matrimonio, e quell’altra per cui le donne devono amare soltanto gli uomini, gli uomini soltanto le donne. Per questo era disposta a rinunciare a tutto. Sì, sarà stata pazza – come disse, in seguito, lei stessa – ma era una magnifica follia. Sarà stata crudele, ma la sua era crudeltà di dimensioni eroiche. Come posso spiegare la violenza d’una tale passione? E come potrebbe a lei rincrescere che ne giunga notizia a una nuova generazione, infinitamente più comprensiva della sua?”.
Voto: 4/5
Mrs. C.