Intervista a Black Dog Edizioni

Per il nostro blog questa è un’occasione davvero speciale: oggi abbiamo l’onore di ospitare, in anteprima, la neonata casa editrice Black Dog, rappresentata dal suo fondatore Marcello Figoni. Una casa editrice con un manifesto letterario importante e già ben definito: Black Dog infatti nasce con l’intento di portare in Italia opere inedite a cavallo tra Ottocento e Novecento o di riscoprire vecchi classici, restituendogli rinnovata linfa vitale con nuove traduzioni. Il genere di riferimento è il fantastico, in tutte le sue declinazioni: horror, gotico, fantascienza, weird. Ma bando alle ciance: diamo direttamente la parola a Marcello!

Ciao Marcello e benvenuto su Blog con Vista. Ti ringraziamo molto per essere qui con noi per presentarci in esclusiva Black Dog. Com’è nata l’idea di fondare una casa editrice dedicata interamente al fantastico, genere che noi adoriamo, ma che purtroppo in Italia spesso viene considerato ancora superficialmente un genere di serie B?

Ciao Paolo, grazie per avermi dato l’occasione di presentare ai vostri lettori il mio progetto editoriale.
Una parte della risposta al tuo quesito si trova nella domanda. Sono convinto che quella di genere sia una letteratura estremamente viva e accattivante, che reca con sé messaggi profondi e di grande attualità. È mio intento far cadere quel velo di pregiudizio che spesso la avviluppa e che non permette di approcciarla come Letteratura con la L maiuscola.
Inoltre i classici gotici o fantastici sono un ottimo modo per far innamorare della letteratura anche i più giovani, facendo loro scoprire i lati più oscuri e più intriganti di autori normalmente giudicati noiosi.

Ci puoi dire da cosa nasce il nome “Black Dog”, che tra l’altro troviamo azzeccatissimo?

Il nome “Black dog” è stato un parto della fervida immaginazione della mia compagna Angela. Il cane nero è un omaggio a quella che è una delle figure più misteriose e inquietanti del folklore inglese: creatura misteriosa, ponte tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Inoltre vuole essere anche un omaggio al “mostro” che mi ha maggiormente colpito durante l’adolescenza: Il mastino dei Baskerville di “holmesiana” memoria.

Le prime due pubblicazioni, che usciranno a breve, sono il primo di una serie di volumi dedicati a racconti gotici e fantastici di autori italiani dell’Ottocento (raccolta tra l’altro curata dal nostro amato Dario Pontuale) e il romanzo di Jules Verne “Il padrone del mondo”. Sappiamo che entrambi i libri saranno illustrati, il che dimostra una grande cura anche dal punto di vista estetico. Vuoi parlarci nel dettaglio di queste due prime uscite?

Fin dall’inizio voglio presentare ai lettori storie accattivanti e belle da leggere che, però, siano anche accompagnate da messaggi forti e profondi.
L’antologia “Racconti italiani gotici e fantastici – Esperimenti” presenta novelle di nostri autori dell’Ottocento e dei primi del Novecento. Spazieremo da Italo Svevo a Luigi Capuana a Igino Ugo Tarchetti, per citare i più famosi, fino ad arrivare a narratori meno noti, ma non per questo, di minor livello, come Remigio Zena o Emilio De Marchi. Tutte le novelle di questo volume hanno un retroterra scientifico, da qui il sottotitolo “Esperimenti”, e narrano, con sorprendente attualità, il tema della invasività della scienza e di come possa diventare disumano un uso distorto della scienza e della medicina. Questo volume, inoltre, vuole anche presentare autori spesso vissuti dagli studenti come “impolverati” sotto una luce nuova e più viva. A mio avviso la rielaborazione della figura del vampiro fatta da Luigi Capuana è semplicemente superba.
Il Padrone del Mondo” è uno degli ultimi romanzi di Jules Verne. È forse il più amaro e pessimista scritto dal narratore francese e presenta la preoccupazione nutrita dall’autore circa la possibile deriva autoritaria in campo politico. Pensando che il libro è stato pubblicato nel 1905, sorprende la grande preveggenza del narratore.
Le illustrazioni sono un punto di forza. Voglio presentare libri belli da leggersi e belli a vedersi. Le illustrazioni sono affidate ad artisti affermati come Alex Raso o Valentina Biletta o a emergenti di indubbio valore come Elena Massola. Mi sono sempre piaciuti i libri illustrati e credo che per troppo tempo si siano usate le illustrazioni solo per la letteratura per ragazzi e che sia tornato il momento di utilizzarle, come accadeva una volta, anche per i libri adatti a tutte le età.
Se mi permetti vorrei spendere una parola anche per i curatori e i prefatori dei libri in uscita: oltre al già citato Dario Pontuale che ha curato l’antologia, “Il Padrone del Mondo” sarà accompagnato da una sagace postfazione del critico e poeta Donato di Stasi. Le altre due pubblicazioni primaverili vedranno contributi della giornalista ed esperta di letteratura americana Simona Zecchi e del filosofo Andrea Comincini.

Sul vostro sito leggiamo che grande importanza verrà data all’apporto femminile alla letteratura orrorifica: puoi darci qualche anticipazione in merito? E secondo te quanto è stato importante il contributo delle donne nel fantastico?

Il contributo femminile alla letteratura fantastica è stato fondamentale, basti pensare a Mary Shelley e a Ann Radcliffe. Queste, però, sono solamente le figure più note, ci sono poi altre grandissime narratrici di storie del soprannaturale o del fantastico che spesso hanno dovuto pubblicare sotto pseudonimo maschile, poiché tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento era ritenuto sconveniente che una donna scrivesse di certe cose. Proprio per questo la letteratura fantastica e di genere è stata un’arma importate a sostegno della causa dell’emancipazione femminile. Emblematica in questo senso è la figura di Mary Elenor Wilkins Freeman, una donna forte e libera, che ha fatto della letteratura il proprio lavoro e il proprio personale strumento di emancipazione. Di questa splendida autrice americana uscirà nel mese di giugno “Il vento nel cespuglio di rose e altre storie del soprannaturale”. Questa garbata, ma pungente antologia, sarà introdotta da un breve saggio di Simona Zecchi.

Questa è una domanda che solitamente facciamo agli autori, ma siamo curiosi di conoscere i gusti letterari anche degli editori: quali sono gli scrittori che maggiormente ti hanno influenzato e che ti hanno fatto balenare l’idea di trasformare la tua passione per la letteratura in una professione? E c’è qualche autore poco conosciuto che ti piacerebbe che i lettori italiani riscoprissero, magari proprio grazie a voi?

Mi sono sempre nutrito di narrativa gotica e fantastica: ho iniziato leggendo i “grandi nomi” come Edgar Allan Poe o Lovecraft, per allargare lo spettro e incrociare autori meno noti come William Hope Hodgson, Seabury Quinn o Clark Ashton Smith. Non ho mai trascurato, però, nemmeno gli autori nostrani e, una volta incontrata la “Scapigliatura” me ne sono innamorato. La mia passione per l’Ottocento italiano più oscuro mi ha portato a voler riproporre alcune “chicche” della nostra letteratura meno nota, ma sicuramente più viva.
Ho in mente molti progetti e se avrete la pazienza e la voglia di seguire le tracce lasciate dal cane nero vi imbatterete in gioielli inaspettati.

Oltre alla vostre pubblicazioni, sul sito della casa editrice è presente anche un blog chiamato Black Dog Magazine: ti va di parlarcene?

La tua domanda mi fa molto piacere. Il Magazine è uno spazio aperto in cui si possono trovare diverse suggestioni. Diverse voci, tutte autorevoli e competenti, accompagneranno il lettore in approfondimenti sulla letteratura di genere, vista anche da prospettive inaspettate. Ad esempio la Prof. Angelica Palumbo ha lanciato un sguardo “psicoanalitico” su due racconti di Poe e poi ha accompagnato il lettore in una appassionante riflessione sulle commistioni esistenti tra paesaggio, concetto di Sublime e Pittoresco nelle letteratura di genere vittoriana. A breve presenterò un bellissimo contributo di Andrea Comincini sulla paura.
Il Magazine è un luogo di riflessione, in cui trovare spunti che in un qualche modo si accostano alla letteratura e alle tematiche care alla mia casa editrice.

Per finire non può mancare la classica domanda sulle pubblicazioni future: quali sono i progetti di Black Dog per i prossimi mesi?

A fine maggio usciranno altri due titoli a cui sono molto affezionato. Uno l’ho già anticipato ed è “Il vento nel cespuglio di rose ed altre storie del soprannaturale” e l’altro è un romanzo fantasy di William Morris: “The House of the Wolfings”. Il grande architetto e socialista inglese è stato anche un grande conoscitore della mitologia norrena e, soprattutto, dei romanzi medievali islandesi che ha tradotto in inglese. Nella sua produzione letteraria fantastica l’eclettico Morris ha inserito in vicende storiche elementi soprannaturali e fantastici mutuati dalla mitologia norrena, creando storie estremamente affascinanti e raffinate. Nel romanzo che uscirà a breve, ad esempio, il substrato storico è dato dai primi scontri avvenuti tra l’esercito romano e i Goti sul confine danubiano. “The house of the Wolfings”, inoltre, ha un’altra particolarità: per ammissione dello stesso Tolkien è stato fonte di ispirazione per la creazione della sua Terra di Mezzo.

Grazie mille Marcello per la disponibilità!

Speriamo di avervi incuriosito: se volete saperne di più, potete seguire Black Dog Edizioni sulla loro pagina Facebook o visitare il loro sito. Siamo convinti che questa nuova casa editrice ci regalerà grandi soddisfazioni!

Mr. P.

Nasce la nuova rivista letteraria “Passaporto Nansen”: intervista a Massimiliano Timpano

Negli ultimi anni, grazie anche alla digitalizzazione, abbiamo assistito a un ritorno in grande stile delle riviste letterarie. Da sempre ponte di lancio per autori esordienti, ma anche banco di prova per scrittori già affermati, le riviste letterarie sono una parte fondamentale del nostro patrimonio culturale.
Oggi vorrei presentarvi una rivista neonata ma che sta già andando controcorrente (se non altro per il fatto che verrà stampata unicamente su carta, scelta ardita che trova il mio completo appoggio). Si tratta di “Passaporto Nansen”, rivista semestrale dedicata alla letteratura, che verrà distribuita in librerie indipendenti e biblioteche comunali al costo di € 2,00.
A tale proposito, abbiamo il grandissimo piacere di avere ospite su Blog con vista, Massimiliano Timpano, autore Bompiani e tra i curatori di “Passaporto Nansen”.

Ciao Massimiliano e grazie per essere qui con noi. Partiamo subito con una domanda classica: com’è nata “Passaporto Nansen”?

La rivista nasce dall’entusiasmo e dalla volontà di continuare a interrogare il passato per avere delle risposte al nostro presente.

So che fanno parte della vostra redazione penne autorevoli della narrativa e della saggistica italiana. Puoi presentarci in breve i tuoi compagni di viaggio?

Gli iniziatori e i primi capitani coraggiosi sono Paolo Di Paolo, scrittore e giornalista, Dario Pontuale, scrittore e critico militante, Angelo Deiana, penna giovane e promettente a cui si è aggiunta di recente Elisa Toma.

Il nome scelto per la rivista è piuttosto curioso e si rifà all’esploratore norvegese Federico Nansen, vincitore del Nobel per la Pace nel 1922 grazie appunto al “Passaporto Nansen”, documento destinato a proteggere gli apolidi e riconosciuto a livello internazionale da 52 paesi. Come mai la scelta di questo nome così originale?

La letteratura, io credo, non è un posto confortevole e comodo, un cuscino caldo e gualcito: ha a che fare, per mutuare le parole di Kafka, con continui assalti alle frontiere, una ricerca continua del proprio posto nel mondo.

Ora entriamo nel vivo della rivista: cosa dobbiamo aspettarci di trovare dentro “Passaporto Nansen”?

Una polifonia: penne diverse che rispondendo a interrogativi e intuizioni di monumenti del passato, sollevano altri interrogativi e dubbi.

So che il primo numero, presentato in anteprima il 23 marzo al Teatro Argentina di Roma, sarà dedicato a Pier Paolo Pasolini, grazie anche al patrocinio del “Centro Studi Pier Paolo Pasolini Casarsa della Delizia”. Come mai la scelta di iniziare la vostra avventura concentrandovi su uno dei maggiori intellettuali del XX secolo? Puoi anticiparci qualcosa sulla prima uscita di “Passaporto Nansen”?

Per la forza e l’attualità del pensiero di Pier Paolo Pasolini. In particolare, questo primo numero sarà dedicato a una domanda che Pasolini stesso pose nel 1971: “Come si riempie un vuoto letterario?”. Pensa a tutte le possibili implicazioni di questo “vuoto”: politiche, storiche, narratologiche… Nel primo numero di Passaporto Nansen ci sono. Già adesso, mentre ti sto rispondendo, vado riflettendo sull’idea di pieno e vuoto nelle arti figurative o ancora nel vuoto, nell’ambito più strettamente narrativo, in relazione ai personaggi relativi e quindi concavi che percorrono la propria storia romanzesca tentando di riempire quella mancanza.

Come scegliete i contributi che andranno a formare la rivista: testi, immagini, fotografie?

La redazione sarà fluida e aperta a quanti vorranno contribuire al confronto. In questo primo numero, come è ovvio, abbiamo chiesto alle nostre conoscenze più ristrette ma l’idea è di allargare sempre di più il cerchio.

Ultima domanda: la rivista verrà distribuita in formato cartaceo in librerie indipendenti e biblioteche. Perché la scelta di non adottare il formato digitale, da affiancare alla carta?

Non per vocazione alla sconfitta: siamo consapevoli dell’importanza del digitale nella comunicazione. Tuttavia, per quanto mi riguarda, la carta continua a essere un rifugio, una coperta di Linus. La rivista come hai già detto avrà un costo di due euro e la metà che ci tornerà sarà impiegata per spedire la rivista agli amici librai in trincea nelle varie parti d’Italia e per pagare le spese di stampa per il numero successivo. E se proprio andrà male, come novelli Hanta, delle copie stampate ne faremo parallelepipedi sigillati e armoniosi, trincando boccali di birra Urquell…

Grazie mille per il tuo tempo, Massimiliano. Vi ricordo che per avere notizie aggiornate sull’attività editoriale di “Passaporto Nansen”, potete seguire le pagine Facebook e Twitter della rivista.

Mr. P.

Intervista a Dario Pontuale

Oggi abbiamo l’immenso piacere di avere ospite un autore che noi di Blog con vista amiamo particolarmente. Si tratta di Dario Pontuale, scrittore, saggista e curatore, di cui abbiamo letto, apprezzato e recensito saggi, romanzi e racconti. Anziché introdurvelo, vi lascerei alle sue stesse parole di presentazione, che ci siamo permessi di rubare dal suo sito.

«Scrivo romanzi, “faccio” lo scrittore, almeno ci provo. Certamente tento di farlo bene, con cura e dedizione, come in fondo dovrebbe essere sempre. Non “faccio”, però, soltanto questo. Dalla polvere di alti scaffali, dagli angoli bui di magazzini abbandonati inseguo capolavori dimenticati, assopiti sotto la coltre del tempo, rimasti soffocati dalle frenetiche ansie editoriali. Inseguo quelli che normalmente chiamano CLASSICI. Provo ad offrirgli nuova vita, tento di salvarli dall’oblio convinto che abbiano subìto un’ingiusta fine, sicuro che non abbiano resistito all’incuria degli anni per puro caso, bensì perché custodi di un magico sapere.»

Per chi volesse approfondire la conoscenza dei suoi lavori, potete trovare Dario Pontuale su Facebook e sul suo sito ufficiale.
Ma basta con i convenevoli e iniziamo la nostra chiacchierata!

Ciao Dario e grazie mille per esserti reso disponibile per la nostra piccola intervista.
Come dicevamo prima, sei scrittore di narrativa, saggista, curatore di classici e ovviamente lettore. Cosa ti senti maggiormente, tra tutto ciò?

So già che può risultare banale dirlo, ma prima di tutto mi sento lettore. Nessun’altra categoria potrebbe esistere se prima di tutto non venisse la lettura, il piacere pieno di leggere. Si deve restare lettori prima di ogni altra cosa, altrimenti il gioco funziona male.

Esplorando il tuo lato da scrittore, non può mancare la domanda più classica di tutte. Quali sono gli autori che hanno influenzato la tua poetica e il tuo modo di scrivere?

Non saprei, credo che la scrittura personale sia una lenta stratificazione, come un velo sopra a un altro velo, ognuno possiede il proprio distinguibile colore, ma se sovrapposti assumono una tonalità diversa da tutte. Ecco cos’è per me il personale stile di scrittura, cioè la somma di quei maestri che più restano celati e più agiscono. Se comunque dovessi rispondere per forza e a bruciapelo, citerei autori senza criterio, ma a me cari: Svevo, Conrad, Bukowski, Pasolini, Calvino, Buzzati, Stevenson, Salgari, Flaubert, Tolstoj, Hemingway, Ginzburg. Come abbiano influito non so, ma questi penso siano rimasti in me.
Ps: lo so, mancano le scrittrici, non c’è nessuna preclusione. Ho soltanto iniziato tardi a leggerle, le sto assimilando, presto vi stupirò.

Nella vita sei riuscito a far diventare la tua più grande passione un lavoro. Quando è stato il momento in cui hai davvero capito che l’amore per i libri si sarebbe trasformato in una professione?

Questo, sono sincero, non credo ancora di averlo capito. Ogni volta che esce un Classico o un mio libro, resto sempre un po’ sorpreso, quasi stupito, ma non per falsa modestia. Semplicemente perché è un momento che possiede sempre un aspetto magico, quello della trasmissione della parola, soprattutto in forma scritta. Lo percepii quando stampai la tesi, l’ho percepito allo stesso modo quanto è uscito l’ultimo libro. Un momento netto di passaggio non c’è mai stato e forse è meglio così.

Nell’ottimo saggio “Ciak si legge” presenti una serie di classici, alcuni anche non così noti, da cui è stato tratto un film. Qui ci sorge una duplice domanda: potresti consigliarci tre classici “dimenticati”, a cui hai lavorato oppure ti piacerebbe lavorare in futuro?

Sempre rispondendo a bruciapelo dico che per i Classici dimenticai a cui ho lavorato suggerisco: “Non intendo tacere” di Zola, “Il salvataggio” di Conrad e “Racconto di uno sconosciuto” di Checov. Autori, invece, su cui mi piacerebbe scrivere sono: Pavese, Bianciardi, Joyce.

E ancora: qual è il tuo rapporto con il cinema?

Amo il cinema perché racconta storie un po’ come fa la lettura. Se ci penso bene, sono uno al quale piace farsi raccontare delle storie. Un piacevole vizio antico, tutto qui.

So che non  è mai facile parlare dei propri lavori, ma c’è un tuo libro a cui sei più affezionato? E perché?

No, no a questa non rispondo. Troppo facile come tranello e poi, in fondo, non lo so. Quello di cui sono sicuro è che faccio una netta distinzione tra il mio lavoro di critico e quello di romanziere. Voglio bene a tutti i libri, ma li considero buoni cugini tra loro, non fratelli.

Cosa ti sentiresti di consigliare a un autore esordiente?

Di leggere e qui mi ripeto. Senza la lettura, la scrittura resta una farfalla con una sola ala. Precipita presto.

E invece da cosa consiglieresti di iniziare, a un lettore che non ha ancora scoperto la potenza e la magia dei classici?

Gli consiglierei di seguire la pancia. Prenda qualsiasi libro e cominci da dove vuole, dove andrà a finire spetterà a lui deciderlo. A me, tutta questa libertà d’azione, già sembra un ottimo incentivo.

E per finire non può mancare questa domanda: a cosa stai lavorando attualmente? Potresti anticiparci qualcosa sulle tue prossime uscite?

Sto lavorando a un saggio su Frankenstein che nel 2018 compie duecento anni. Sto scrivendo una prefazione per uno Stevenson dove ci sarà molto mare e per un Melville nel quale ci sarà parecchio oceano. Insomma, si scrive…umidi.

Grazie mille Dario! È stato un piacere averti ospite su Blog con vista!

Grazie a voi per l’intervista e per tutta la sana passione trasmessa.

Mr. P.

Intervista ad Alberto Chimal

Oggi abbiamo il grande piacere e onore di avere ospite sul nostro blog lo scrittore messicano Alberto Chimal, creatore di una vera e propria “letteratura dell’immaginazione”, che ha saputo racchiudere dagli anni Novanta a oggi in numerose raccolte di racconti, romanzi e saggi.
Dopo essere stato tradotto in diverse lingue, finalmente la sua opera è giunta quest’anno anche nel nostro paese, grazie a un progetto di crowdfunding organizzato da Edizioni Arcoiris, casa editrice che con la sua collana “Gli Eccentrici”, ha già portato in Italia molteplici opere letterarie di qualità di matrice sudamericana.
A febbraio è infatti stata pubblicata la raccolta di racconti “Nove”, contenente nove storie che pescano a piene mani nell’universo visionario e allucinato di Chimal. Per chi volesse approfondire la sua opera, questa è la nostra recensione.
Ma bando alle ciance e diamo la parola direttamente a questo grande autore!

Ciao Alberto e grazie davvero per esserti reso disponibile a rispondere alle nostre domande. Iniziamo subito con una domanda classica, ma fondamentale per comprendere il background letterario di uno scrittore: quali sono stati gli autori che maggiormente hanno influenzato il tuo modo di scrivere e a cui ti sei ispirato per creare le tue storie?

La maggior parte di loro sono autori che ho letto molto presto, durante l’infanzia o quand’ero adolescente. Ho avuto una curiosa serie di prime letture, perché in casa di mia madre c’era una discreta biblioteca, non tanto ordinata ma sicuramente molto eterogenea. Tra questi trovai opere di Jorge Luis Borges, Juan José Arreola, Edgar Allan Poe, Angélica Gorodischer, Philip K. Dick, Julio Cortázar, Mario Levrero, Francisco Tario, e raccolte di racconti sia antichi che moderni (che contenevano testi di Guy de Maupassant, Antón Chéjov, Ernest Hemingway, Flanery O’Connor, Yukio Mishima, Marcel Schwob, Elena Garro e altri). Al contrario di come avviene qui in Messico per gli autori più giovani, al tempo gli scrittori statunitensi non erano tra i privilegiati, lo erano piuttosto i latinoamericani o gli europei. Il primo autore italiano per cui provai una forte passione fu Italo Calvino.

La tua opera è stata descritta come “letteratura dell’immaginazione”: ti trovi d’accordo con questa definizione? Altrimenti come definiresti le tue storie?

Ho proposto io stesso questa denominazione riferendomi ad alcune opere e ad alcuni autori messicani. Non ho però voluto intenderla come “genere” o categoria, ho preferito utilizzarla per descrivere una strategia narrativa per la quale provo particolare interesse: l’utilizzo dell’immaginazione fantastica. Niente di più. L’intenzione era trovare, utilizzando un altro nome, una possibilità di lettura differente per quella che in passato si sarebbe semplicemente chiamata “letteratura fantastica”. Ai giorni nostri quest’ultima definizione è decisamente più chiusa e delimitata di quanto non lo fosse nei secoli anteriori e credo che non sia più sufficiente per descrivere la grande varietà di ciò che si sta scrivendo nel panorama latino americano e in altri paesi.

Quando hai sviluppato seriamente l’idea di diventare uno scrittore? Sentivi l’esigenza di scrivere fin da piccolo oppure è un bisogno ed una passione che sono maturati con il passare degli anni?

Non iniziai proprio subito, però sì, molto presto. Mi avvicinai al mondo degli scrittori durante l’infanzia, con le letture a casa di mia mamma; da lì il mio interesse crebbe e vinsi il mio primo premio letterario in un concorso municipale organizzato dalla mia città natale, Toluca, quando avevo 16 anni. Però, la conferma di ciò che realmente volevo fare nella vita la ebbi nel corso degli studi, quando stavo intraprendendo una carriera “di convenienza”, non artistica, per esigenze familiari. Avrei potuto assicurarmi una vita relativamente semplice, da classe media, imboccando questa via, ma non riuscii a tollerare l’idea di lasciare la scrittura, e per fortuna non lo feci.

Com’è il tuo rapporto con il racconto, una forma narrativa che noi amiamo moltissimo ma che molto spesso, purtroppo, viene ingiustamente sottovalutata?

Il racconto è la forma letteraria alla quale sono più affezionato, perché molte di quelle prime letture erano racconti. Anche quando scrivo romanzi ne affronto la stesura affidandomi a molte delle prescrizioni del racconto; non dimentico che la novella italiana medievale era un’altra cosa, un genere giustamente breve, che poi venne trasformato per graduale accumulazione.

Il tuo libro “Nove” è stato pubblicato in Italia da Edizioni Arcoiris: come è avvenuto l’incontro con la casa editrice italiana?

Fui invitato da Loris Tassi, il direttore della collana “Gli eccentrici”, che aveva visionato una mia antologia uscita in Spagna. Naturalmente sono molto contento per questa opportunità: altri editori non sono interessati ad autori che a volte si qualificano come eccentrici, invece Arcoiris ha una raccolta intitolata proprio con questo nome!

Tra i racconti che compongono la tua raccolta “Nove”, ce n’è uno a cui sei legato in modo particolare? Se sì, quale e perché?

Il primo dell’indice, “È stata smarrita una bambina”. L’ho scritto in un momento difficile della mia vita, spinto da profonde sensazioni di dubbio e frustrazione, e mi ha dato tantissime soddisfazioni. E’ un racconto, inoltre, che si fa leggere molto bene a voce alta (almeno in spagnolo), e questa è una cosa che amo molto fare.

Leggendo “Nove”, il racconto che abbiamo trovato maggiormente fuori dagli schemi è stato “Corridoi”: come ti è venuto in mente di mischiare Leonardo di Caprio, Shining e Batman?

Come si intuisce, l’elemento comune di tutto ciò che emerge nel racconto è il cinema. Di Caprio appare trasformato nel suo personaggio di “Titanic”, però non solo, perché è al contempo quello che interpretò in “Inception” di Cristopher Nolan. Allo stesso regista appartiene anche la serie Batman, dal quale ho preso in prestito la versione del personaggio di Christian Bale. Nolan è il discepolo di Stanley Kubrick, eccetera. Tutto quello che c’è nel racconto proviene da qualche film, e infatti la gran parte di quello che dice la voce narrante è una parafrasi dei testi di Alain Robbe-Grillet, che l’attore italiano Giorgio Albertazzi pronuncia nel film L’année dernière à Marienbad” (“L’anno scorso a Marienbad”) di Alain Resnais. Il titolo del racconto si riferisce precisamente ai corridoi di cui parla sempre Albertazzi in quel film allucinante. L’universo a cui appartiene questo racconto è quello dei sogni del cinema, dove i personaggi si perdono e dai quali non possono più uscire.

Siamo curiosi di conoscere i tuoi gusti letterari: ci consiglieresti alcuni autori contemporanei che ti hanno particolarmente colpito?

Tra le mie più recenti letture c’è molto di saggistica e di storia, non so dirvi perché: negli ultimi mesi ho letto libri come “Vanished Kingdoms” di Norman Davies per esempio, o “Terror und Traum” (“L’ utopia e il terrore”) di Karl Schlögel; ho letto anche “Había mucha neblina o humo o no sé qué di Cristina Rivera Garza (un testo ibrido, sperimentale, sull’opera e sulla vita di Juan Rulfo) e adesso sto leggendo “The Invention of Nature” (“L’invenzione della natura”) di Andrea Wulf. Tutto questo lo alterno con opere di narrativa: per esempio, “Jerusalem” di Alan Moore, Under the Skin” (“Sotto la pelle”di Michel Faber, “Noctuary” di Thomas Ligotti. Proprio adesso sto revisionando un’antologia di Francisco Tario che sta per uscire e che spero riuscirà finalmente a togliergli l’etichetta di “autore marginale” che ha avuto per decenni in Messico: è un grande, grande narratore e ho in sospeso “Temporada de huracanes” di Fernanda Melchor (romanziera e cronista molto apprezzata qui).

Per finire puoi svelarci qualcosa dei tuoi progetti futuri e se riusciremo a leggere nuovamente una tua opera tradotta in italiano?

Ho da poco terminato un nuovo libro di racconti, che è in attesa dell’opinione editoriale, e presto uscirà in Messico un romanzo breve per bambini, intitolato “Cartas para Lluvia”Adesso sto lavorando ad un romanzo, e sì, certamente mi piacerebbe molto vedere qualche altro mio libro tradotto in italiano. Spero che “Nove” continui ad avere fortuna.

Grazie mille Alberto! È stato un grandissimo piacere averti ospite sul nostro blog.

Grazie a voi.

Un ringraziamento particolare a Giulia Binando per la traduzione dallo spagnolo.

 Mr. P.

Intervista ad Aaron Scott

È da un po’ di tempo che ci frullava in testa l’idea di intervistare autori ed editori che ci hanno colpiti e a cui teniamo particolarmente e finalmente oggi è arrivata l’ora di inaugurare la sezione “Interviste” del blog.

Il nostro primo ospite è un autore indipendente, che con i suoi racconti neri ci ha terrorizzati, facendoci trascorrere delle piacevolissime ore di letture. Stiamo parlando di Aaron Scott, all’anagrafe Attillio Abbiezzi, scrittore milanese di storie horror, thriller e noir. La sua prima opera è la raccolta “Racconti Oscuri”, edita nel 2010 dalla Runde Taarn Edizioni, e ripubblicata autonomamente dall’autore nel 2012. Da “La vincitrice”, uno dei sette racconti che compongono l’antologia, è stato tratto un cortometraggio, diretto da Alessandro Concas. Nel 2014 Aaron Scott dà alle stampe la sua seconda opera “Incubi dal nuovo millennio”, in cui ogni storia è ambientata in uno specifico anno dei duemila (più precisamente dal 2001 al 2010) e dove la finzione si miscela con fatti di cronaca nera realmente avvenuti. Sempre nello stesso anno esce la traduzione inglese di “Racconti Oscuri”.

Per chi volesse approfondire la conoscenza dei suoi lavori, potete trovare Aaron Scott su Facebook e sul suo sito ufficiale

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Ma ora diamo la parola direttamente a lui!

Ciao Attilio e grazie mille per la disponibilità. Partiamo subito con una domanda che sicuramente ti avranno fatto in molti: da cosa deriva la scelta di utilizzare uno pseudonimo? E perché Aaron Scott?

In realtà la scelta dello pseudonimo non è nata da me, ma dalla prima casa editrice che nel 2010 ha pubblicato la prima versione di “Racconti Oscuri” (la Runde Taarn Edizioni). Mi consigliarono di utilizzare uno pseudonimo straniero e mi proposero loro il nome di Aaron Scott. Mi piacque subito e così decisi di tenerlo anche dopo aver concluso la collaborazione con loro.

Altra domanda classica, ma che non può mancare in qualsiasi intervista letteraria che si rispetti: quali sono gli autori che più hanno influenzato la tua scrittura e che sono diventati i tuoi modelli letterari?

La lista sarebbe molto lunga, quindi mi limito a citarti quelli che più di tutti mi hanno fatto innamorare della lettura e in seguito della scrittura. Il mio primo romanzo di un certo spessore letto di mia “iniziativa” (quindi non per “imposizione scolastica”) è stato “It” di King, di cui poi in seguito ho letto tutto ciò che ha scritto. Sembra banale, ma credo sia veramente il Re tra gli autori contemporanei.
Per quanto riguarda la forma del racconto (genere in cui appunto mi sono cimentato come scrittore) posso citarti i miei quattro preferiti: Dino Buzzati, E.A. Poe, Lovecraft e Kafka.

La tua prima raccolta “Racconti oscuri” è uscita inizialmente con la Runde Taarn Edizioni, per poi tornare in una nuova edizione autopubblicata. Come mai hai scelto la via dell’autopubblicazione? E cosa consiglieresti ad un autore esordiente?

Il tutto è nato un po’ per caso. Onestamente non mi considero uno “scrittore” nel senso tecnico del termine, ma uno a cui piace inventare e raccontare storie. I primi racconti che ho scritto non avevo mai pensato di pubblicarli in un libro. Li avevo inseriti in alcuni forum dedicati a racconti brevi e solo dopo aver ricevuto degli ottimi riscontri da parte di chi li aveva letti mi sono deciso a raccoglierne alcuni per proporli a delle case editrici. E qui mi sento di dare il primo consiglio: mai accettare proposte arrivate in poco tempo da case editrici che propongono una pubblicazione a pagamento. Io ne ho ricevute varie e credo che non avessero neanche letto i titoli dei miei racconti. La Runde Taarn invece mi contattò per telefono, spiegando perché i miei racconti erano piaciuti e proponendomi un contratto ragionevole. Accettai e quindi uscì la prima versione di Racconti Oscuri. Purtroppo la casa editrice era piccola e poco dopo fu costretta a chiudere. A quel punto decisi di provare la via del self-publishing: avevo un lavoro già editato e le conoscenze per poter realizzare un e-book (da anni mi occupo di progetti web e sono quindi stato avvantaggiato rispetto a questi aspetti tecnici). Infine avevo il contatto con un ottimo illustratore. Misi assieme il tutto e dopo aver superato lo scoglio burocratico di iscrizione ad Amazon ed Apple Store “Racconti Oscuri” andò on-line con l’aggiunta di 3 nuovi racconti che sarebbero poi apparsi in “Incubi dal Nuovo Millennio”. In seguito ho poi reso disponibile tramite Amazon Create Space anche la versione cartacea del libro. Ad oggi “Racconti Oscuri” ha superato le 1000 copie vendute tra versione digitale e cartacea, ricevendo anche buone recensioni. Scrivo per hobby, per passione, nel tempo libero, con il desiderio di raggiungere sempre più persone e di riuscire a coinvolgerle con le mie storie.

Tornando ai consigli, se posso permettermi di darli, direi di iniziare da 5 passi fondamentali per chi vuole provare la via dell’auto-pubblicazione:

  1. Scrivete ciò che vi piace e non abbiate fretta. Scrivete la parola FINE solo quando siete soddisfatti di ciò che viene prima.

  2. Non saltate la fase dell’editing. Se non potete permettervi un editor a pagamento fate comunque leggere la vostra opera a più persone possibile. Pubblicare un lavoro pieno di errori/orrori grammaticali è assolutamente controproducente.

  3. Non sottovalutate la copertina. E’ la prima cosa che un lettore guarda

  4. Il vostro libro non si vende da solo. La promozione è fondamentale.

  5. Evitate di far lasciare recensioni a 5 stelle da amici e parenti. Io in 4 anni ho ricevuto per “Racconti Oscuri” su Amazon 18 recensioni, e non sempre positive. Tutte però sono state una piccola conquista: poter aver un riscontro da un tuo lettore è gratificante nel caso di recensioni positive e utilissimo in caso di recensioni negative. Avere in pochi giorni molte recensioni a 5 stelle da amici e parenti non solo non è utile all’autore, ma rischia di diventare poco credibile.

So che non è mai facile parlare delle proprie opere, ma sapresti indicarci il tuo racconto preferito, sia per quanto riguarda “Racconti oscuri” che “Incubi dal nuovo millennio”, e il perché?

Per “Racconti Oscuri” scelgo “La Donna più vecchia del Mondo”. E’ stato il primo racconto che ho scritto e credo che sia uno di quelli più riusciti dal punto di vista della “Paura” che può suscitare nel senso in cui la intendo io, ovvero come ho scritto nella prefazione:

“…Difficile è, per uno scrittore horror riuscire a creare quel senso di angoscia e di terrore (“la paura”) che nasce durante la lettura e che rimane nel lettore anche dopo aver chiuso il libro. Sto parlando di quel brivido lungo la schiena che ci può assalire quando ci ritroviamo da soli in casa, magari al buio della nostra stanza da letto, ripensando a ciò che abbiamo letto. Se questo accade allora lo scrittore ha raggiunto il suo scopo.”

Ecco, credo che “La donna più Vecchia del Mondo” raggiunga questo obiettivo.

Per quanto riguarda “Incubi dal Nuovo Millennio” scelgo anche qui il primo racconto della Raccolta: “Il Tecnico dei Computer”. Non voglio raccontare nulla per chi non avesse ancora letto il libro, dico solo che in questo racconto c’è tutto il senso che ho voluto dare al libro e che si riassume nella frase “La realtà supera la Fantasia, ma cosa è più terrificante?”

Le copertine delle tue raccolte sono molto curate e d’impatto: puoi dirci a chi ti sei affidato per la realizzazione? E quanto conta per te l’aspetto grafico in un libro?

Ritengo che la copertina di un libro sia fondamentale, soprattutto per autori esordienti. Spesso è la prima cosa che colpisce il lettore alla ricerca del suo libro, sia in una libreria, che in uno store on-line. Non solo la copertina, ma anche l’impaginazione di un libro è fondamentale. Spaziature, rientri, utilizzo di una logica per indicare i dialoghi rendono la lettura più fluida. Al contrario una pessima impaginazione può stancare il lettore.

Per le copertine mi sono per ora sempre affidato a Roberto Martinelli, un illustratore che già aveva realizzato la copertina della primissima versione di Racconti Oscuri commissionata dalla Runde Taarn. Ha uno stile molto particolare e personale che mi ha subito colpito. Gli ho sempre lasciato molta libertà nella creatività: l’unico input è stato quelli di spedirgli i miei racconti lasciando che fosse lui ad ideare il disegno in base a ciò che i racconti gli avevano trasmesso. E ciò che ha fatto mi ha sempre soddisfatto.

Incubi dal nuovo millennio” ha la particolarità di intrecciare la finzione dell’horror e del soprannaturale con vicende reali di cronaca nera estrapolate dalla storia recente del nostro Paese. Come ti è venuta in mente quest’idea?

In realtà all’inizio i racconti non contenevano questo aspetto. Mia moglie (la mia prima “Beta-Reader”) mi suggerì di cercare un filo conduttore per legare i racconti tra di loro. L’idea mi piaceva, ma non trovavo uno spunto per riuscire a concretizzarla. Poi, all’improvviso, ecco un’idea per un nuovo racconto (“Il Tecnico dei Computer”), dove la storia da me inventata viene letteralmente stravolta da un fatto realmente accaduto. Così ho deciso di inserire in ogni racconto un piccolo riferimento a fatti di cronaca, con l’idea di rimarcare come questa sia veramente il vero orrore e non le storie da me inventate. Avevo dieci racconti così mi sono messo a cercare fatti di cronaca per ogni anno del nuovo millennio fino al 2010: dieci Incubi dal Nuovo Millennio che ho inserito in maniera più o meno esplicita nei dieci racconti del libro.

Contagio”, tratto da “Incubi dal nuovo millennio”, è un racconto piuttosto forte, che tratta di un tema purtroppo sempre d’attualità come la pedofilia: come è stato scrivere di un male così terribile, considerando che “Contagio” si discosta parecchio dai classici racconti horror e noir a cui siamo abituati?

Ti confesso che non è stato per niente facile. Ho riscritto più volte la parte in cui viene descritta la violenza subita dal bambino: all’inizio l’idea era solo di fare intuire ciò che accadeva, poi però mi sono convinto che il racconto doveva essere fastidioso e che era inutile girarci attorno. Volevo a modo mio denunciare cose che realmente accadono. Mostri e fantasmi non sono nulla rispetto al vero orrore che molti bambini purtroppo devono subire. Non solo, spesso in questi casi le vittime crescendo diventano a loro volta carnefici contagiati dai loro fantasmi del passato.

Questo è quello che ho voluto cercare di trasmettere con “Contagio”.

Dal tuo bel racconto “La vincitrice” è stato tratto l’omonimo cortometraggio: com’è il tuo rapporto con il cinema?

Direi ottimo! La mia passione per l’horror è nata prima al cinema e solo in seguito con la letteratura. Sono cresciuto vedendo e rivedendo all’infinito i primi film di Dario Argento (Profondo Rosso e Suspiria in primis). Ancora oggi quando scelgo un film la mia scelta ricade quasi sempre su un horror. Quello che rende il cinema magico credo sia il fatto di riunire più forme artistiche: l’arte visiva, ma anche quella narrativa per quanto riguarda la trama e quella musicale per le colonne sonore, oltre ovviamente alle capacità di registi e attori. Quando l’alchimia di questi elementi riesce la magia arriva.

Credo che i miei racconti siano molto “cinematografici”: quando scrivo spesso mi immagino le scene come se fossero in un film e il mio stile spesso si avvicina a quello di una sceneggiatura.

Il corto de “La Vincitrice” è stato realizzato da Alessandro Concas, un giovane regista di Cagliari che mi ha contattato dicendo di essere rimasto molto colpito dai miei racconti e chiedendomi il permesso di realizzare un cortometraggio. Ho accettato subito, curioso di vedere cosa sarebbe uscito. Non sapevo cosa aspettarmi e dopo aver visto il prodotto finito sono rimasto davvero entusiasta del risultato. Il corto è girato benissimo, con un’attrice veramente straordinaria (Sabrina Bissiri), che ha ricevuto una menzione come miglior attrice al “CortoDino” Festival del 2012.

Alessandro Concas ha successivamente realizzato due ottime e divertenti Web-Sitcom: “Casa Argumental On Stage” e “I Corti di Gesù di Cagliari”, che consiglio vivamente. C’è anche un progetto più ampio con lui, di cui per ora preferisco non anticipare nulla e che spero possa andare in porto.

Un altro progetto per ora in fase embrionale è con Alessandro Benna, regista torinese che sta lavorando ad una sceneggiatura ispirata a due miei racconti.

Vedere le mie storie prendere vita sullo schermo e riconoscermi nella rappresentazione cinematografica è per me una sensazione fantastica ed una soddisfazione enorme!

Tu sei uno scrittore di short stories (forma narrativa che apprezziamo moltissimo), ma non ti è mai passato per la mente di tentare la stesura di un romanzo?

Come puoi immaginare anche io adoro i racconti brevi. E’ un genere a mio avviso spesso sottovalutato, soprattutto in Italia. Penso venga considerato un po’ un genere di “Serie B”. Credo invece che scrivere racconti di impatto, che riescano a travolgere e coinvolgere il lettore in poche pagine, non sia per niente facile. E’ un genere completamente diverso dal romanzo, ma non per questo inferiore. Per ora mi diverte scrivere questo tipo di storie ed è quello che continuo a fare. Ci sono comunque un paio di storie che ho iniziato a scrivere e che hanno preso via via vita propria: non credo diverranno dei romanzi, ma sicuramente sono storie molto più lunghe di quelle che ho pubblicato fino ad ora. Purtroppo il tempo che posso dedicare alla scrittura non è mai abbastanza. Ci vorrà quindi un po’ di attesa per queste storie più lunghe… hanno molte cose da dire!

Nonostante sia oscurato da romanzi erotici e bestseller alquanto discutibili, il panorama horror contemporaneo è più che mai vivo: potresti consigliarci tre titoli di autori, italiani o stranieri, che ti sono capitati tra le mani recentemente e che ti hanno colpito?

Il panorama horror italiano credo stia vivendo una fase positiva di rinascita. Da poco sono iscritto alla HWA (Horror Writer Association) Italiana, nata dalla prolifica e prestigiosa HWA americana. Il fondatore della sezione italiana è l’autore Alessandro Manzetti (di cui consiglio vivamente la lettura anche sotto lo pseudonimo di Caleb Battiago) che tra l’altro ha da poco vinto anche un Bram Stoker Award, premio di assoluta rilevanza internazionale. Stanno nascendo vari progetti e iniziative che credo potranno aiutare l’horror nostrano a emergere anche all’estero.

Ed ecco i miei “consigli per gli acquisti”.

Eraldo Baldini: uno dei miei autori contemporanei preferiti che non credo abbia bisogno di presentazioni. Il suo genere si avvicina più al noir che all’horror, ma ha scritto anche storie molto inquietanti. Un titolo su tutti da consigliare è “Gotico Rurale”, una raccolta di splendidi racconti in cui atmosfere gotiche e un’ironia del tutto particolare ci accompagnano in una lettura piacevolissima

Samuel Marolla: l’ho scoperto da poco e mi sono innamorato del suo stile e dei suoi libri. Consiglio la lettura della raccolta “La galaverna” e il romanzo breve “Imago Mortis”.

Infine due raccolte di racconti che vale la pena leggere: “Ore Nere”, edita da dbooks contenente storie di vari autori italiani emergenti e “Il Buio Dentro” di Kipple Officina Libraria che contiene oltre a racconti di ottimi autori italiani (Caleb Battiago, Paolo di Orazio e Nicola Lombardi) anche due storie inedite di Richard Laymon.

E per finire non può mancare la classica domanda di rito: quali sono i tuoi progetti per il futuro? Stai lavorando ad una nuova raccolta?

Come detto sto lavorando ad alcune storie lunghe per le quali non ho fretta, saranno loro ad indicarmi via via come procedere.

Attualmente ho scritto alcuni racconti per dei concorsi letterari ed altri sono in lavorazione … sicuramente pubblicherò qualcosa di inedito, ma al momento non ho ancora le idee su come e quando. Anche per pubblicare serve un’ispirazione!

Grazie mille Attilio, è stato un piacere e un onore averti ospite sul nostro blog!

Grazie a voi!! Spero di ritornare presto per parlarti di nuovi progetti!

Un ultimo consiglio a tutti: non abbiate paura di avere paura!

Mr. P.