James Graham Ballard – L’isola di cemento

Titolo: L’isola di cemento

Autore: James Graham Ballard

Editore: Feltrinelli

Anno: 2013

Pagine: 155

Prezzo: € 7,50

“A mano a mano che girovagava, Maitland scoprì che il suo corpo e il dolore nella gamba gli importavano sempre meno. Incominciò a rimuovere quel guscio, dimenticando dapprima l’arto offeso e poi tutte e due le gambe, cancellando qualsiasi coscienza dei bruciori al petto e al diaframma. Sorretto dall’aria fredda avanzò fra l’erba, riguardando con tranquillità quei tratti di paesaggio che nei giorni precedenti aveva imparato a conoscere così bene. Identificando l’isola con se stesso, contemplò le auto nello spiazzo dello sfasciacarrozze, il recinto di rete metallica e il cassone di cemento alle sue spalle. Fece dei gesti al loro indirizzo, nel tentativo di compiere un circuito dell’isola che gli permettesse di lasciare i vari pezzi di sé al posto giusto: la gamba destra nel punto dell’incidente, le mani ferite impalate sulla recinzione. Il petto, poi, dove si era seduto, contro il muro di cemento. In ogni punto una piccola liturgia avrebbe significato un passaggio di impegno da verso se stesso a verso l’isola. Parlò ad alta voce, come un prete che celebri l’eucaristia del proprio corpo.
«Io sono l’isola.»”

A piccoli ma determinanti passi per il mio bagaglio di lettore, prosegue la conoscenza di uno dei maggiori autori di fantascienza (ma non solo) del secolo scorso: James Graham Ballard. Affascinato da un titolo dal sapore post apocalittico (ma che in realtà cela tutt’altro) e da una trama che dà pochi punti di riferimento al lettore, la mia scelta è ricaduta su “L’isola di cemento“, romanzo pubblicato nel 1974 ma che conserva un’attualità sconvolgente.

Un banale incidente automobilistico è il pretesto per dare il via alla narrazione, che vede nell’architetto trentacinquenne Robert Maitland il protagonista indiscusso. Uscita di strada, la sua Jaguar si ritrova semidistrutta nel bel mezzo di un’isola spartitraffico che divide l’autostrada alle porte di Londra. Ferito ma sopravvissuto alla sciagura, Maitland si rende conto di essere intrappolato nell’isola, quasi un universo parallelo di sterpaglie, blocchi di cemento e carcasse d’auto. Dopo i primi tentativi di fuga falliti miseramente, essendo l’isola circondata da declivi difficoltosi da scalare per la gamba lesa del protagonista, in Maitland inizia a scattare l’impietoso ingranaggio dell’istinto di sopravvivenza, accendendo nella sua coscienza un senso di sfida e una spietatezza che mai avrebbe pensato di avere. Assistiamo così a una metamorfosi progressiva e inarrestabile, dove lo scenario degradato dell’isola diventa quasi una provocazione per Maitland e la necessità di sopravvivere corre in parallelo a una cinica competizione: assumere il controllo totale dell’isola. Quel lembo di terra diviene per l’architetto più significativo del mondo che sta appena a qualche centinaia di metri di distanza. Addirittura più importante della moglie, del figlio e dell’amante. L’isola assume connotati quasi sacri, finendo con identificarsi sempre più con l’interiorità del protagonista, sporcando la sua coscienza con macchie di ruggine indelebili. Maitland scopre angoli spigolosi della propria mente che sfiorano la disumanità, recessi bui della propria psiche portati alla luce dalla volontà pura e semplice di non morire. Una crudeltà di cui ne faranno le spese anche i misteriosi abitanti dell’isola, in una gara di sopravvivenza che si sposta dalla fuga al dominio di quel tratto di suolo abbandonato.
Oltre a tutto ciò, Maitland incarna anche l’essere umano alienato e confinato dalla modernità e dal progresso nella propria misera solitudine. Un individuo dagli istinti sopiti e tenuti accuratamente a bada che tenta di ritrovare se stesso nella primordiale vita selvaggia in cui viene catapultato dopo l’incidente. L’isola così assume il doppio aspetto di prigione e di portatrice di libertà, a metà strada tra essere carnefice e assolutrice.

L’isola di cemento” è un’opera potente e disincantata, che trasporta il lettore, con la violenza di un pugno nello stomaco, in una dimensione parallela dai contorni tanto inquietanti quanto realistici. Una dura critica alla cultura del progresso, in cui l’uomo, nudo e indifeso, viene posto di fronte alla crudele sfida della sopravvivenza. Perché dopotutto, davanti alla nostra parte più intima e ai nostri istinti più reconditi, tutti noi regrediamo alla nostra vera e pura natura: dei semplici essere umani.

Voto: 4/5

Mr. P.

2 pensieri su “James Graham Ballard – L’isola di cemento

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